L’arte di vivere il quotidiano nella fede: spunti di riflessione dai libri sapienziali

(2012)

 

  • la sapienza

Salomone amava il Signore e nella sua condotta seguiva le disposizioni di Davide, suo padre; tuttavia offriva sacrifici e bruciava incenso sulle alture.
4Il re andò a Gabaon per offrirvi sacrifici, perché ivi sorgeva l’altura più grande. Su quell’altare Salomone offrì mille olocausti. 5A Gabaon il Signore apparve a Salomone in sogno durante la notte. Dio disse: «Chiedimi ciò che vuoi che io ti conceda». 6Salomone disse: «Tu hai trattato il tuo servo Davide, mio padre, con grande amore, perché egli aveva camminato davanti a te con fedeltà, con giustizia e con cuore retto verso di te. Tu gli hai conservato questo grande amore e gli hai dato un figlio che siede sul suo trono, come avviene oggi. 7Ora, Signore, mio Dio, tu hai fatto regnare il tuo servo al posto di Davide, mio padre. Ebbene io sono solo un ragazzo; non so come regolarmi. 8Il tuo servo è in mezzo al tuo popolo che hai scelto, popolo numeroso che per quantità non si può calcolare né contare. 9Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male; infatti chi può governare questo tuo popolo così numeroso?». 10Piacque agli occhi del Signore che Salomone avesse domandato questa cosa. 11Dio gli disse: «Poiché hai domandato questa cosa e non hai domandato per te molti giorni, né hai domandato per te ricchezza, né hai domandato la vita dei tuoi nemici, ma hai domandato per te il discernimento nel giudicare, 12ecco, faccio secondo le tue parole. Ti concedo un cuore saggio e intelligente: uno come te non ci fu prima di te né sorgerà dopo di te. 13Ti concedo anche quanto non hai domandato, cioè ricchezza e gloria, come a nessun altro fra i re, per tutta la tua vita. 14Se poi camminerai nelle mie vie osservando le mie leggi e i miei comandi, come ha fatto Davide, tuo padre, prolungherò anche la tua vita». 15Salomone si svegliò; ecco, era stato un sogno. Andò a Gerusalemme; stette davanti all’arca dell’alleanza del Signore, offrì olocausti, compì sacrifici di comunione e diede un banchetto per tutti i suoi servi.” (1 Re 3,3-15)

 

Salomone è  figura mitica di sapienza, a cui sono attribuiti diversi libri biblici o parti di essi. In realtà la sua figura è avvolta da ambiguità e, contro l’adagio comune, pare più sapiente da giovane che da anziano, divenuto potente e ricco oltremodo,  quasi ad indicare che, con gli anni, la divergenza tra il dire e il fare cresce. Salomone  porta il Regno all’apice del suo splendore, ma pone le premesse della sua divisione.

C’è già qui un grosso interrogativo interessante anche per noi oggi, per  il dialogo tra generazioni: come si arriva alla sapienza? Come si resta sapienti?

Il sapere teorico non è garanzia del saper vivere, né il cumulo di esperienze diventa di per sé, senza riflessione, sapienza di vita.

Nel contesto biblico (anche nella disposizione dei libri nella Bibbia ebraica) la sapienza rende fonte di vita la legge (torah-insegnamento) che orienta il cammino, ma, senza tener conto della legge, nonostante la sapienza che si possa avere, si devia, come è accaduto a Salomone.

Già nel nostro testo lo troviamo a Gabaon, la più grande altura e non davanti all’arca dove poi, dopo il sogno, si reca. Segue il famoso giudizio di Salomone: in primo piano c’è la difesa della vita.  La sapienza sta lì, non nel modo di procedere che ha sempre molti risvolti: decidere sempre per la vita!

 

La sapienza per tutti gli antichi non è mai la sola conoscenza  intellettuale, è arte di vivere, di governare sé, gli altri, gli eventi, le cose.

Nell’antichità non si facevano teorie ma si cercava di capire cosa succedeva e come agire per giungere a una pienezza di vita e non fallire.

 

La sapienza è il “gustare”  la vita e quindi tutto quel bagaglio di esperienze che si accumulano e si tramandano da una generazione all’altra nei singoli popoli, paesi, nelle famiglie, nei lavori.

Israele è  circondato dalla sapienza degli altri popoli tra cui si muove: Egitto, Mesopotamia con Sumeri, Babilonesi e Assiri, Canaan (Ugarit), e più tardi Grecia (con Esiodo- siamo al tempo dei profeti in Israele) e Roma.  (Noi sappiamo che quanto a  sapienza millenaria  anche Cina, India, Maia, Atzechi, Africa, ecc non sono da meno).

 

La sapienza è quanto di più trasversale vi sia tra tutte le religioni, tra tutte le culture,  è universale (ecumenica in senso letterale) e in fondo laicale, feriale, anche se poi “scritta” diventa appannaggio di una classe di scribi, ma pure loro  vivono un quotidiano!

Israele quindi, in gran parte, la riceve, ma la connota con la propria esperienza storica e con la propria fede in un Dio che si fa compagno di strada nella storia, le dà una colorazione particolare, ma resta centrale il “gustare” la vita, facendo coincidere la felicità con il bello, il buono e il vero..

Certo per il credente biblico la sapienza è anche una luce interiore che viene dall’alto (Spirito, sogni, visioni) incontro all’uomo e non solo sforzo umano (cf Sl 119,130). In  Sap 7,26-27 si legge: La sapienza è riflesso di Dio, è immagine della sua bontà…prepara amici di Dio e profeti.

Sarà appunto la riflessione  sapienziale,  ad attestare forse più di ogni altro testo anticotestamentario, la Vita senza fine, la Vita eterna (Sap 3,1).

In termini credenti, non c’è sapienza senza riconoscere la dinamica Creatore – creatura a cui è affidata  la cura della terra e quindi senza la consapevolezza del limite (cf Sl 90,12; Sl 39,5) che si fa timore di Dio (Pr 9,10  cf Es 20,20).

 

Lungo il cammino poi, Israele finisce per ritenere propria di Dio la sapienza, per identificarla con la torah (la rivelazione che Dio fa di sé con parole e fatti), con la riflessione sulla propria storia (col grande enigma della retribuzione), per personalizzarla, ma mai la divinizza; in ambito cristiano la sapienza diventa  figura di Gesù che la completa e la supera (“C’è qui qualcuno di più di Salomone” dirà lui stesso in Mt 12,42)

 

Noi diciamo che col Battesimo siamo  diventati “ re, sacerdote, profeta”, ma forse poi dimentichiamo di sottolineare la nostra chiamata  a gestire con sapienza (e giustizia) la realtà:  la sapienza/regalità è all’inizio, legata al ricevuto dono della vita, ma è anche il vertice del cammino, quando la sapremo gestire in armonia con le altre dimensioni (sacerdozio e profezia) per assumere in pieno la nostra responsabilità anche nella fede (la vera regalità sta nella coscienza formata, capace di giocarsi la vita cf per es Ester o Giuditta).

Invece, come  Salomone, anche noi, più sappiamo fare, più si cerca di fare a meno di Dio, del timore di Dio, come se l’uomo, per quante capacità pratiche e sapere teorico sviluppi, non resti fragile e limitato:

 

L’uomo, come  la donna, è sapiente solo se sta  dentro/sotto il mistero e la complessità che caratterizzano la vita, senza esonerarsi dall’impegno !

 

Nella Bibbia  la corrente sapienziale non coincide con i libri detti tali ( “scritti” in ebraico/Ketubim), ma è trasversale un po’ a tutti i libri, a cominciare dalla Genesi 1-11 per passare poi alle diverse storie che sono più che altro sapienziali, anche se lo sfondo è storico (sempre in Genesi la storia di Giuseppe, poi Tobia, Ester , Giuditta); una grossa componente sapienziale è nella legislazione (quindi in Deuteronomio), è nei salmi a cominciare dal primo, ma in fondo forte è la componente sapienziale anche in Rut, Giona,  Baruc 3,9-4,4, alcuni episodi di Daniele (quindi anche nei profeti!).

La sapienza con i suoi generi (adagio, proverbio, indovinello, favola, allegoria) e con la sua opposta, la stoltezza, è davvero sparsa ovunque.

Nella Bibbia l’iniziativa è Dio che cerca l’uomo, ma l’uomo non è esonerato dal cercare Dio e il suo progetto.

Qualche esempio di questa “sapienza”  sparsa nei libri biblici come invito a cercarla:

Dt 24,5 e 20,5-7 : prima di dare la vita per gli altri, occorre averla gustata;  1 Sam 25,2-42 Nabal/Abigail e David (la sapienza femminile salva); Gdc 9 l’apologo degli alberi (potere); le parabole (da Natan a Gesù).

 

I testi detti sapienziali sono Proverbi, Giobbe, Qoelet (brevissimo) riconosciuti canonici anche da ebrei e protestanti, a cui vanno aggiunti, per noi cattolici, il Siracide e la Sapienza (breve) perché scritti in greco (del Siracide in seguito  sono state trovate parti in ebraico),e stimati da tutti, perché in fondo sono una rilettura della storia di Israele.

Ci sono anche i Salmi, il Cantico dei cantici e soprattutto  Giobbe, ma le loro tematiche richiederebbero  un discorso molto ampio.

Una sottosezione degli “Scritti” sono i 5 Meghillot, i 5 rotoli che si leggono per le feste ebraiche:

Il Cantico a Pasqua; Rut a Pentecoste; le Lamentazioni per il 9 di Ab (lutto); il Qoelet per la festa delle Capanne (fine – inizio della lettura della Torah);   Ester (ebraica) per Purim (sorti).

 

A  questo approccio, seguiranno alcuni dei tanti temi possibili.

Dato che anche nel N.T.  come nell’Antico è possibile trovare una sapienza che va bene per credenti e non credenti (basta pensare alle tante riduzioni della figura di Gesù a maestro di vita, rivoluzionario ecc..), come conclusione, segnalo un  testo  della lettera di Giacomo, che è riconosciuta come lo scritto più sapienziale del N.T.

Chi tra voi è saggio e intelligente? Con la buona condotta mostri che le sue opere sono ispirate a mitezza e sapienza. Ma se avete nel vostro cuore gelosia amara e spirito di contesa, non vantatevi e non dite menzogne contro la verità. Non è questa la sapienza che viene dall’alto: è terrestre, materiale, diabolica; perché dove c’è gelosia e spirito di contesa, c’è disordine e ogni sorta di cattive azioni. Invece la sapienza che viene dall’alto anzitutto è pura, poi pacifica, mite, arrendevole, piena di misericordia e di buoni frutti, imparziale e sincera. Per coloro che fanno opera di pace viene seminato nella pace un frutto di giustizia.  (Gc 3,13-18)

 

Sono affermazioni valide per tutti:  per il cristiano in quanto uomo tra gli uomini, anche se alla domanda: quale sapienza ricercare, non può che rispondere “quella che conduce alla Salvezza che si ottiene per mezzo della fede in Gesù Cristo” (cf  2Tm 3,15),  rimandando a tutte le Scritture, là dove lo Spirito attesta che Gesù è il Cristo, il Figlio del Dio vivente.

 

 

  • La donna e l’uomo, il privato e il pubblico,

ovvero il mistero dell’essere umano nello stupore e nella  “regalità”.

18Tre cose sono troppo ardue per me, anzi quattro, che non comprendo affatto: 19la via dell’aquila nel cielo, la via del serpente sulla roccia, la via della nave in alto mare, la via dell’uomo in una giovane donna  ( l’accesso di una donna al cuore dell’uomo) 
Pr 30,18-19

“Di tre cose mi compiaccio e mi faccio bella,

di fronte al Signore e agli uomini: concordia di fratelli (sorelle),amicizia tra vicini (vicine),

moglie e marito che vivono in piena armonia.”

Preferirei abitare  con un leone e con un drago

piuttosto che abitare con una donna (un uomo) malvagia (malvagio).

Una brava moglie (un bravo marito)  è la gioia del marito (della moglie) Sir 25,1.15; 26,2

 

Nel primo proverbio si  indica l’incapacità umana di comprendere i disegni del Signore, sull’uomo e sulla donna (vedi poi).

Nel secondo si coglie che la vera gioia che offre la sapienza consiste nelle belle relazioni.

“Una cultura della saggezza esige un lavoro  interiore, un fare ma anche un lasciar farsi ed accogliere, pur trasformandolo, ciò che avviene in sé. Un atteggiamento di cui le donne sono più capaci, almeno quando rimangono fedeli a loro stesse. Una cosa, di cui l’umanità ha un urgente bisogno oggi per la sua sopravvivenza e  il suo divenire.  (L. Irigaray, Il mistero di Maria, Paoline)

Non è facile  dire in breve qualcosa sulla donna nella Bibbia in modo che apra gli orizzonti: soprattutto con i libri sapienziali vi sono diverse piste possibili, lasciando da parte la polemica femminista e sullo sfondo la figura femminile della Sapienza, vista nel primo incontro, per cogliere invece come il discorso sulla donna o sull’uomo  sono orientati all’integrazione.

Le tre piste:

  • Far vedere che non è vero che in tali libri si parla sempre male della donna, anzi raccogliendo tutte le citazioni (come ho fatto tanti anni fa,  anche se solo sul testo italiano) si scopre che il positivo è molto di più ed è consonate con i primi capitoli della Genesi. Si parla molto della donna, perché la sapienza ha come ambito privilegiato l’ambito familiare, ove essa è interlocutrice e compagna dell’uomo.

Come l’uomo può essere stolto o saggio, così la donna: i libri sapienziali sono realistici  e non  illudono, ma  incontrare nella vita persone sagge, fossero pure  solo amiche o anche  servi/serve è un gran dono da non sprecare né da parte dell’uomo né da parte della donna. La sapienza ha sempre a che fare con la qualità delle relazioni.

 

  • Leggere “dentro” il testo, per cui ciò che è detto dell’uomo o della donna vale sempre per tutti e due, per la persona, tanto più che i ruoli sociali non sono “oggi” più così distinti almeno in occidente.

Ho cercato di darne un piccolo saggio nei versetti di apertura, mettendo  la doppia lettura, ma basterebbe poi pensare che ciascun personaggio della Bibbia interroga ciascuno di noi, sia uomo che donna (nei Vangeli, per es in Lc e Gv, si trova una alternanza di personaggi molto significativa).

 

  • Cogliere  che la “donna” ha nella Bibbia un forte valore simbolico come città, popolo, sposa “Israele”, sposa “Umanità”, sposa “Chiesa” a cominciare dai Padri ( per es. così Beda il venerabile legge Pr 31), quindi,  è anche simbolo dell’essere umano, uomo o donna che sia, nella relazione con  Dio, che a sua volta è Sposo (Alleanza).

Non si tratta di negare  la personalità delle figure femminili della Bibbia, di cui molte danno prova di sapienza nelle circostanze più critiche, di una sapienza che va oltre la nostra mentalità moralistica, né di assolutizzarne i ruoli (figlia, sorella, vergine, fidanzata, sposa, madre, vedova, serva o regina, giovane o anziana) , ma è indubbio che in un contesto in cui i capi civili e religiosi sono uomini e le donne sono relegate nel privato, esse finiscono per essere identificate col popolo,  delle cui vicende, per prime, sperimentano il peso sotto tutti i cieli anche oggi. E dato che il popolo è quello con cui Dio, come sposo, stringe alleanza, la sposa può essere l’intero popolo come il singolo membro. Ma, se il popolo a cui una donna rimanda non è Israele, si comprende come nella Bibbia diventa figura di “prostituzione, stoltezza, idolatria”.

 

Leggiamo insieme Proverbi 31,10-31, ricordando che il titolo non è canonico e che l’essere poema alfabetico rimanda a quella pienezza di vita a cui porta la sapienza:

 

Alef 10Una donna forte chi potrà trovarla? Ben superiore alle perle è il suo valore.

Bet 11In lei confida il cuore del marito e non verrà a mancargli il profitto.

Ghimel 12Gli dà felicità e non dispiacere per tutti i giorni della sua vita.

Dalet 13Si procura lana e lino e li lavora volentieri con le mani.

He 14È simile alle navi di un mercante, fa venire da lontano le provviste.

Vau 15Si alza quando è ancora notte, distribuisce il cibo alla sua famiglia e dà ordini alle sue domestiche.

Zain 16Pensa a un campo e lo acquista e con il frutto delle sue mani pianta una vigna.

Het 17Si cinge forte i fianchi e rafforza le sue braccia.

Tet 18È soddisfatta, perché i suoi affari vanno bene; neppure di notte si spegne la sua lampada.

Iod 19Stende la sua mano alla conocchia e le sue dita tengono il fuso.

Caf 20Apre le sue palme al misero, stende la mano al povero.

Lamed 21Non teme la neve per la sua famiglia, perché tutti i suoi familiari hanno doppio vestito.

Mem 22Si è procurata delle coperte, di lino e di porpora sono le sue vesti.

Nun 23Suo marito è stimato alle porte della città, quando siede in giudizio con gli anziani del luogo.

Samec 24Confeziona tuniche e le vende e fornisce cinture al mercante.

Ain 25Forza e decoro sono il suo vestito e fiduciosa va incontro all’avvenire.

Pe 26Apre la bocca con saggezza e la sua lingua ha solo insegnamenti di bontà.

Sade 27Sorveglia l’andamento della sua casa e non mangia il pane della pigrizia.

Kof 28Sorgono i suoi figli e ne esaltano le doti, suo marito ne tesse l’elogio:

Res 29«Molte figlie hanno compiuto cose eccellenti, ma tu le hai superate tutte!».

Sin 30Illusorio è il fascino e fugace la bellezza, ma la donna che teme Dio è da lodare.

Tau 31Siatele riconoscenti per il frutto delle sue mani e le sue opere la lodino alle porte della città.

 

Si parla veramente della donna o della sapienza o ancor meglio della persona saggia?

Quali aspetti umani sono sottolineati?

Che cosa può volerci dire di  essenziale per tutti?    

 

Nel poemetto compare il marito ( o la moglie “includendo”) che si fida e trova tranquillità nella compagna/o per i suoi impegni ( pubblici allora erano solo quelli dei maschi, ma oggi…). La figura protagonista pare avere poco tempo  per l’aspetto affettivo, l’amore e la bellezza, conta l’economia e il lavoro, ma, nella sobrietà del riferimento, acquistano rilievo la mano tesa al povero e il timore del Signore

Nel complesso la “femminilità”, come la  pensiamo noi, ha poco spazio: la donna ideale è più sostegno, appoggio, investimento economico che bellezza attraente, lasciata questa alla straniera, alla prostituta e alla adultera. In altri testi però anche la bellezza  è apprezzata se unita a saggezza: “una moglie assennata è dono del Signore” (Pr 19,14) “chi ha trovato una moglie ha trovato una fortuna..” (Pr 18,22) “la sapienza di una massaia costruisce la casa, la stoltezza la demolisce” (Pr 14,1); ribadisce il Siracide (26,3.13-17) : “una donna virtuosa è una buona sorte, viene assegnata a chi teme il Signore”, “13La grazia di una donna allieta il marito, il suo senno gli rinvigorisce le ossa. 14È un dono del Signore una donna silenziosa, non c’è prezzo per una donna educata. 15Grazia su grazia è una donna pudica, non si può valutare il pregio di una donna riservata. 16Il sole risplende nel più alto dei cieli, la bellezza di una brava moglie nell’ornamento della casa.”

Ancora “La donna perfetta è la corona del marito, ma quella che lo disonora  è come carie nelle sue ossa”  (Pr 12,4); “  E’ meglio abitare su un angolo del tetto (o in un deserto) che       avere una moglie litigiosa e casa in comune” (Pr 21,9.19) e davvero tanti sono i passi che ribadiscono che la straniera è un grosso pericolo.

Ma senza la donna l’uomo è un randagio, senza aiuto, senza colonna adatta a lui (cf Siracide 36,24-27) e la fedeltà coniugale è sorgente di gioia:

“Bevi l’acqua della tua cisterna e quella che zampilla dal tuo pozzo, 16perché non si effondano al di fuori le tue sorgenti e nelle piazze i tuoi ruscelli, 17ed essi siano per te solo e non per degli estranei che sono con te. 18Sia benedetta la tua sorgente, e tu trova gioia nella donna della tua giovinezza: 19cerva amabile, gazzella graziosa, i suoi seni ti inebrino sempre, sii sempre invaghito del suo amore!”   (Pr 5,15-19).

 

Potremmo chiederci se questo è maschilismo terribile  o realismo ottimista, ma potremmo anche recuperare  la parola “sorella/fratello” che  rimanda a quelli che saremo e già siamo in profondità, più che compagni di viaggio, figli/e dello stesso Padre.

Possiamo, come fa A. Schoekel, rimandando al salmo 104(103), andare a quel compagno di vita che è lo stesso Creatore, padre e madre insieme, che provvede a tutti ed è un custode che non si addormenta (Sl 121(120), un lavoratore (cf quanto dice Gesù del Padre e di sé).

 

Vi è un linguaggio inclusivo che dobbiamo sentire sempre più nostro: ci sia di esempio la seguente preghiera, vera per ogni essere umano:            

 

Ti presentiamo i nostri bisogni:

vedi  in quali difficoltà,

sofferenze e insidie

viviamo i nostri giorni.

Dacci la sapienza e  l’amore che ti sostenne

Nelle laboriose giornate terrene.

Ispiraci pensieri di fede, pace e moderazione:

perché si cerchi insieme

il pane quotidiano, i beni spirituali.

Salvaci da chi mira a rapirci

il dono della fede e la fiducia

nella tua provvidenza.

Regni la carità e la giustizia. (Don Mazzolari)

 

 

 

  • parola e silenzio

 

“Una vita senza parola può giovare più che una parola senza vita”   (Abba Isidoro)
“Vi è un uomo che sembra tacere, e il suo cuore giudica gli altri; costui parla sempre. E c’è un altro che parla da mattina a sera, e conserva il silenzio, cioè non dice niente che non sia utile” (Abba Poimen).

“Il silenzio è in certo senso il nutrimento della parola…. C’ è un tempo per tacere e un tempo per parlare (Qo3,7): prima viene il tempo per tacere poi il tempo per parlare, perché si deve imparare a parlare tacendo e non viceversa.” (cf Gregorio Magno).

Il silenzio vero è abitato dalla compassione e preparazione a incontri profondi (cf Isacco di Ninive).

 

Quale parola? quale silenzio?  È interrogativo esistenziale  perché “parola e silenzio” strutturano gli esseri umani.

 

“ La parola è una delle forme fondamentali della vita umana; l’altra forma è il silenzio, ed è un mistero altrettanto grande..Le due cose ne fanno una sola. Parlare significativamente può soltanto colui che può anche tacere, altrimenti sono chiacchiere; tacere significativamente può soltanto colui che può anche parlare, altrimenti è un muto. In tutti e due questi misteri vive l’uomo: la loro unità esprime la sua essenza” (R. Guardini in  Nel silenzio la Parola,lettera pastorale del Card. Betori. Cf internet).

Può sembrare problema filosofico, ma in realtà si tratta del significato della nostra vita: parole/silenzio umani, vuoti o pieni; Parola/Silenzio di Dio, mistero; parola/comunione, silenzio/solitudine…. sono un tema vasto come l’universo, ma i libri sapienziali ci riportano quasi sempre all’esperienza quotidiana dell’umano parlare o tacere, con la consapevolezza che sia  la parola che il silenzio possono costruire e distruggere.

 

Lasciamo emergere qualche  nostra esperienza “significativa” che sicuramente  abbiamo sul piano semplicemente umano da condividere.

 

Parola e silenzio, sono due forti potenzialità nell’uomo, ma non sono contrapposte come sembra: ci sono parole profonde come quelle divine che non disturbano il silenzio anzi lo creano, ci sono silenzi rimbombanti dentro di fracasso di pensieri e passioni. C’è un silenzio esterno ed uno interiore, c’è una parola parlata e una scritta  e quindi silenziosa nel suo nascere.

 

La parola produce un effetto sempre, va tenuto in conto, ma anche il silenzio:

noi siamo quello che mettiamo dentro non solo nella stomaco, ma nella testa e nel cuore ( i pensieri che sono parole interiori e perciò ancor più potenti di quelle fatte risuonare: tentazioni, vizi e virtù hanno lì la loro origine; se non si lotta con i pensieri negativi, vana è la lotta contro le parole cattive e inutili).

L’uomo è di per sé essere dialogico, senza comunicazione non vive, non cresce…. Il silenzio per essere positivo deve sbocciare in comunicazione, è funzionale alla profondità della comunicazione, perché il rischio della parola non è solo distruggere, ma anche svuotare di senso e divenire solo rumore.

Il silenzio autentico è quello interiore, che  per formarsi ha bisogno di quello esteriore, ma poi si fa spazio dentro per ciò che è essenziale, si fa ascolto delle profondità ( di sé, dell’altro, di Dio), si fa “ordine” eppure apre all’ineffabile, all’indicibile, al  “mistero” che è “una forma di conoscenza” (M. Luzi).

 

Ci sono settanta modi di interpretare la Torah( i primi cinque libri della Bibbia fondamentali per gli ebrei). Uno di essi è il silenzio

Questo vale anche per ogni evento significativo, ogni incontro-ascolto dell’altro.

Il silenzio autentico è partecipazione e nel silenzio si matura la verità della parola.

 

Qualche testo sapienziale:

 

Siracide 5,9-6,1

Non ventilare il grano a ogni vento e non camminare su qualsiasi sentiero: così fa il peccatore che è bugiardo. 10Sii costante nelle tue convinzioni , e una sola sia la tua parola. 11Sii pronto nell’ascoltare e lento nel dare una risposta. 12Se conosci una cosa, rispondi al tuo prossimo; altrimenti metti la mano sulla tua bocca . 13Nel parlare ci può essere gloria o disonore: la lingua dell’uomo è la sua rovina. 14Non procurarti la fama di maldicente e non tendere insidie con la lingua, poiché la vergogna è per il ladro e una condanna severa per l’uomo bugiardo . 15Non sbagliare, né molto né poco, 6,1e da amico non diventare nemico. La cattiva fama attira a sé vergogna e disprezzo: così accade al peccatore che è bugiardo.

 

Siracide 14,1Beato l’uomo che non ha peccato con la sua bocca e non è tormentato dal rimorso dei peccati. 2Beato chi non ha nulla da rimproverarsi e chi non ha perduto la sua speranza.

 

Siracide 28,13-26

13Maledici il calunniatore e l’uomo che è bugiardo, perché hanno rovinato molti che stavano in pace. 14Le dicerie di una terza persona hanno sconvolto molti, li hanno scacciati di nazione in nazione; hanno demolito città fortificate e rovinato casati potenti . 15Le dicerie di una terza persona hanno fatto ripudiare donne forti, privandole del frutto delle loro fatiche. 16Chi a esse presta attenzione certo non troverà pace, non vivrà tranquillo nella sua dimora. 17Un colpo di frusta produce lividure, ma un colpo di lingua rompe le ossa. 18Molti sono caduti a fil di spada, ma non quanti sono periti per colpa della lingua. 19Beato chi è al riparo da essa, chi non è esposto al suo furore, chi non ha trascinato il suo giogo e non è stato legato con le sue catene. 20Il suo giogo è un giogo di ferro; le sue catene sono catene di bronzo. 21Spaventosa è la morte che la lingua procura, al confronto è preferibile il regno dei morti. 22Essa non ha potere sugli uomini pii, questi non bruceranno alla sua fiamma. 23Quanti abbandonano il Signore in essa cadranno, fra costoro divamperà senza spegnersi mai. Si avventerà contro di loro come un leone e come una pantera ne farà scempio. 24aEcco, recingi pure la tua proprietà con siepe spinosa, 25be sulla tua bocca fa’ porta e catenaccio. 24bMetti sotto chiave l’argento e l’oro, 25ama per le tue parole fa’ bilancia e peso. 26Sta’ attento a non scivolare a causa della lingua, per non cadere di fronte a chi ti insidia .

 

Proverbi 26,22-27,2

Le parole del calunniatore sono come ghiotti bocconi, che scendono fin nell’intimo. Come patina d’argento su un coccio di creta sono le labbra lusinghiere con un cuore maligno. Chi odia si maschera con le labbra, ma nel suo intimo cova inganni; anche se usa espressioni melliflue, non credergli, perché nel cuore egli ha sette obbrobri. Chi odia si nasconde con astuzia, ma la sua malizia apparirà pubblicamente. Chi scava una fossa vi cadrà dentro e chi rotola una pietra, gli ricadrà addosso. Una lingua bugiarda fa molti danni, una bocca adulatrice produce rovina.

 Non vantarti del domani, perché non sai neppure che cosa genera l’oggi. Ti lodi un estraneo e non la tua bocca, uno sconosciuto e non le tue labbra.

 

Proverbi 18,2  Morte e vita sono in potere della lingua e chi l’accarezza ne mangerà i frutti.

 

Proverbi 10,19-21 19Nel molto parlare non manca la colpa, chi frena le labbra è saggio. 20Argento pregiato è la lingua del giusto, il cuore degli empi vale ben poco. 21Le labbra del giusto nutrono molti, gli stolti invece muoiono per la loro stoltezza.

 

Non si può non ricordare infine  lo scritto più sapienziale del NT  Gc 3,2-10

Se uno non pecca nel parlare, costui è un uomo perfetto, capace di tenere a freno anche tutto il corpo. 3Se mettiamo il morso in bocca ai cavalli perché ci obbediscano, possiamo dirigere anche tutto il loro corpo. 4Ecco, anche le navi, benché siano così grandi e spinte da venti gagliardi, con un piccolissimo timone vengono guidate là dove vuole il pilota. 5Così anche la lingua: è un membro piccolo ma può vantarsi di grandi cose. Ecco: un piccolo fuoco può incendiare una grande foresta! 6Anche la lingua è un fuoco, il mondo del male! La lingua è inserita nelle nostre membra, contagia tutto il corpo e incendia tutta la nostra vita, traendo la sua fiamma dalla Geènna. 7Infatti ogni sorta di bestie e di uccelli, di rettili e di esseri marini sono domati e sono stati domati dall’uomo, 8ma la lingua nessuno la può domare: è un male ribelle, è piena di veleno mortale. 9Con essa benediciamo il Signore e Padre e con essa malediciamo gli uomini fatti a somiglianza di Dio. 10Dalla stessa bocca escono benedizione e maledizione.

 

Anche lo Spirito Santo si mostra in lingue di fuoco: siamo quindi rimandati in pieno alla libertà dell’essere umano che con parola e silenzio può distruggere o edificare la comunità di uomini e donne,  e il Regno di Dio!

 

Quale  esperienza di qualità/non qualità ci viene in mente riguardo alla “parola” e/o “al silenzio? Quale interrogativo riguardo allo stile di vita di oggi?

 

“Ti siano gradite le parole della mia bocca,

davanti a te i pensieri del mi cuore.

Signore, mia rupe e mio redentore”(Sl 19,15)

 

 

 

Una sottolineatura particolare: alcune voci di poeti/poetesse 

 

La poesia da sempre evoca la “forza” della parola che condensa un vissuto, così come il nostro nome: ciascuno è una parola uscita dalla bocca del creatore  che non ritornerà a lui senza effetto, senza aver compiuto ciò per cui lui la ha detta, al di là di ogni apparente silenzio, perché nessuno, se non lui, sa il percorso inaspettato di una sua parola, di una vita. (cf Isaia 55,10-11)

 

Commiato

“…poesia

è il mondo l’umanità

la propria vita

fioriti nella parola

la limpida meraviglia

di un delirante fermento

Quando trovo

in questo mio silenzio

una parola

scavata è nella mia vita

come un abisso

  1. Ungaretti

 

Forse non abbiamo mai avuto altra scelta

che tra una parola folle e una parola vana.

  1. Bobin

 

Pudore

Se qualcuna delle mie povere parole

ti piace

e tu me lo dici

sia pur solo con gli occhi

io mi spalanco

in un riso beato

ma tremo

come una mamma piccola giovane

che perfino arrossisce

se un passante le dice

che il suo bambino è bello

Antonia Pozzi

 

“Perché la poesia ha

questo compito sublime:

di prendere tutto

il dolore che ci

spumeggia e ci rimbalza

nell’anima e di placarlo,
di trasfigurarlo nella

suprema calma dell’arte,
così come sfociano i fiumi

 nella celeste vastità del mare“.

Antonia Pozzi

 

Io non so come prende forma

una poesia.

Io prendo il fango

della mia vita

E mi sento

Un grande scultore.

Alda Merini

 

 

Muore la parola

appena è pronunciata:

così qualcuno dice.

Io invece dico

Che comincia a vivere

Proprio in quel momento.

Emily Dickinson

 

Una lettera è una gioia terrena,

non concessa agli dei.

Emily Dickinson

 

 

C’è una solitudine di spazio

una solitudine di mare

una solitudine di morte

ma queste saranno compagnie

in confronto al luogo più profondo

la polare intimità

un’anima davanti a se stessa –

finità infinità

Emily Dickinson

 

 

Non c’è Vascello che eguagli un Libro

Per portarci in Terre lontane

Né Corsieri che eguaglino una pagina

Di scalpitante Poesia –

E’ un Viaggio che anche

                            il più povero può fare

Senza paura di Pedaggio-

Tanto frugale è il Carro

Che porta l’Anima dell’Uomo.

Emily Dickinson

  • Il tempo

                                                                           Il Cristo  ieri e oggi, Principio e fine,  Alfa e Omega.
                                                                           A lui appartengono il tempo e i secoli.

                                                                           A lui la gloria e il potere per tutti i secoli dei secoli   

                                                                            in eterno.   Amen  (liturgia pasquale)

 

La Pasqua è festa legata al tempo, alla luna, alla primavera, al passaggio notte-giorno di luce.

La liturgia pasquale ha quattro parti come  quattro sono le parti dell’universo, gli elementi primari, ecc.. Ricordo anche questo perché il tema del tempo è strettamente legato a quello dello spazio, anche se non sempre lo avvertiamo, lo sottolineiamo, ma risalta se andiamo alle nostre sensazioni.

E’ sempre in gioco il nostro essere creature che non si appartengono, a cui sono “dati” tempi e spazi senza alternative.

Anche il nostro frequente “non aver  tempo” è non aver spazio “dentro” per…..

 

Mi manca il tempo o lo spazio nella mia vita, così come è ?

 

Tempo e spazio non sono solo coordinate esterne, ma anche e forse più  esistenzialmente  dimensioni “interiori”ne siamo  consapevoli?

Il tempo è il vissuto della nostra vita: ci diamo tempi e spazi per elaborarlo, ricordarlo, scavarlo, unificarlo o tutto scorre veloce e lascia ben poche tracce?

“ nel tempo della prosperità si dimentica la sventura; nel tempo della sventura non si ricorda la prosperità”  (Sir 11,25.)

 

Il senso di caducità, del tempo che passa inesorabile tinge di pessimismo la riflessione del  Qoelet (Ecclesiaste) che approda alla constatazione che in fondo il mondo rimane quello che è, anche se  tutto viene da Dio:

4Una generazione se ne va e un’altra arriva,

ma la terra resta sempre la stessa.

5Il sole sorge, il sole tramonta

e si affretta a tornare là dove rinasce.

8Tutte le parole si esauriscono

e nessuno è in grado di esprimersi a fondo.

Non si sazia l’occhio di guardare

né l’orecchio è mai sazio di udire.

9Quel che è stato sarà

e quel che si è fatto si rifarà;

non c’è niente di nuovo sotto il sole.

10C’è forse qualcosa di cui si possa dire:

«Ecco, questa è una novità»?

Proprio questa è già avvenuta

nei secoli che ci hanno preceduto.

11Nessun ricordo resta degli antichi,

ma neppure di coloro che saranno

si conserverà memoria

presso quelli che verranno in seguito.

 

(Qo 1,4-5; 8-11; cf Lc 12,17-21.25)

 

Forse  è meno pessimista Voltaire (“Zadig”)

“Qual è, di tutto il mondo, la cosa più lunga e più breve, più svelta e più lenta, la più divisibile e la più estesa, la più trascurata e la più rimpianta, senza la quale niente può essere fatto, che divora ciò che è piccolo e vivifica ciò che è grande?….Zadig rispose che era il tempo.”

 

Dietro la riflessione di Qoelet c’è l’eco della  concezione ciclica del tempo , dietro Voltaire l’eco del pensiero filosofico per il quale il tempo ci eccede, ci precede, ci accompagna e ci segue, è spazio di possibilità.

Tra i due, possiamo dire, c’è la storia della salvezza in cui l’intervento divino unisce tempo ed eternità, fin dalla creazione dell’essere umano, per cui i frammenti di tempo diventano occasioni di salvezza (kairos), tempo qualitativo (cf il Sabato/Domenica), tempo in cui, guardando al passato (memoria), costruisco il futuro, il già e non ancora.

 

Non è solo l’incarnazione del Figlio di Dio che segna questo  sconfinare l’uno nell’altro di tempo ed eternità, ma esso è insito nell’umano esistere. Già il Qoelet al cap 3,  afferma:

1Tutto ha il suo momento, e ogni evento ha il suo tempo sotto il cielo.2C’è un tempo per nascere e un tempo per morire…..

 11 Dio ha fatto bella ogni cosa a suo tempo; inoltre ha posto nel loro cuore la durata dei tempi (la nozione di eternità), senza però che gli uomini possano trovare la ragione di ciò che Dio compie dal principio alla fine.  

La diversa traduzione forse non aiuta, ma sempre  viene sottolineata la consapevolezza umana di essere nel tempo senza comprenderne il senso, mentre eterno è ciò che fa Dio, perché si abbia timore di lui.

 

Il sapiente, esperto di vita concreta, vorrebbe capire, ma in realtà dubita che oltre la morte (ritorno alla polvere) ci possa essere qualcosa di più bello dei momenti felici sulla terra:

 

Chi sa se il soffio vitale dell’uomo sale in alto, mentre quello della bestia scende in basso, nella terra? Mi sono accorto che nulla c’è di meglio per l’uomo che godere delle sue opere, perché questa è la parte che gli spetta; e chi potrà condurlo a vedere ciò che accadrà dopo di lui” (Qo 3,21-22).

 

Ma  il Signore resta riferimento imprescindibile per tutti i sapienti

 

«Fammi conoscere, Signore, la mia fine,

quale sia la misura dei miei giorni,

e saprò quanto fragile io sono».

Ecco, di pochi palmi hai fatto i miei giorni,

è un nulla per te la durata della mia vita.

Sì, è solo un soffio ogni uomo che vive.

Sì, è come un’ombra l’uomo che passa.

Sì, come un soffio si affanna,

accumula e non sa chi raccolga.

Ora, che potrei attendere, Signore?

È in te la mia speranza.”( Sl  39,4-8)

 

Anche noi  rischiamo di fermarci qui, mentre  la rivelazione “progressiva” ci chiede di fidarci in un Dio amante della vita e quindi della nostra gioia piena e duratura.

 

“Una cosa però non dovete perdere di vista, carissimi: davanti al Signore un solo giorno è come mille anni e mille anni come un solo giorno. Il Signore non ritarda nel compiere la sua promessa, anche se alcuni parlano di lentezza……..

Noi infatti, secondo la sua promessa, aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova, nei quali abita la giustizia. Perciò, carissimi, nell’attesa di questi eventi, fate di tutto perché Dio vi trovi in pace, senza colpa e senza macchia”. ( cf 2 Pi 3,8-14)

 

La Pasqua è piena di richiami escatologici, quando la vittoria del Signore abbraccerà tutti i tempi e tutti gli spazi:  solo l’Amore sconfigge il dolore, la morte; solo l’Amore è eterno, qui e nel regno dei cieli,  solo l’Amore  rende il tempo “misurabile” già “eterno” per la sua qualità..

 

Trova il tempo per giocare
Trova il tempo per amare ed essere amato
Trova il tempo di dare
È il segreto dell’eterna giovinezza
È il privilegio dato da Dio
La giornata è troppo corta per essere egoisti.

Madre Teresa di Calcutta

Cosa riempie il mio tempo? Cosa dà pienezza alla mia vita?

Tempo ed Eternità: separati o intrecciati? Dove? Come?

  • ricchezza e povertà

Rabbi Moshe Lob diceva: “Come è facile per un uomo povero
                                                                    confidare in Dio; e in che altro potrebbe confidare?

                                                                    E come è difficile per un uomo ricco confidare in Dio.

                                                                    Tutti i suoi beni gli gridano: – Confida in me!- ”

 

I “sapienti di Israele” anche, o proprio, quando si fanno portavoce di una sapienza popolare “universale”  mostrano  di appartenere ad una condizione economica benestante  che vorrebbe  essere  fonte di un benessere integrale[1] (salom) e quindi coniugarsi con la bontà della vita (questo conto poi non torna, ma questo riguarda il tema della retribuzione/sofferenza). I sapienti per lo più non hanno potere politico, non sono però estranei ai problemi sociali, li constatano, ma non si fanno promotori di  cambiamento sociale: ciò spiega la loro attenzione al “ricco” come il più responsabile  e incidente  sul come si vive e che considerino loro nemici stoltezza, pigrizia, menzogna, slealtà, i piaceri, tutto ciò che nega una vita buona: la sapienza per loro vale più di ogni altra capacità e professione.

 

Non bisogna identificare ricchezza e povertà solo col denaro, i beni materiali, ma anche  con ogni cosa che arricchisce l’esperienza umana:  saperi, ruoli, famiglia, amicizie e perfino valori, religione, se non  la fede stessa.

 

Quali sono le mie ricchezze, quali le mie povertà?

 

Ogni ricchezza è responsabilità da gestire (c’è un giudizio), ogni povertà è un vuoto da colmare:

il problema o meglio la sapienza sta in come lo si fa. Né l’una né l’altra sono fine a se stesse, e l’una deve coniugarsi con la generosità[2] e l’altra non nascondere una condotta stolta. 

 

Perdi pure denaro per un fratello e un amico, non si arrugginisca inutilmente sotto una pietra. Disponi dei beni secondo i comandamenti dell’Altissimo e ti saranno più utili dell’oro. Riponi l’elemosina nei tuoi scrigni ed essa ti libererà da ogni male.” (Sir 29,10-12)

“C’è chi fa il ricco e non ha nulla; c’è chi fa il povero e ha molti beni .” (Pr 13,7)

Spesso, o meglio sempre, ognuno ha un po’ dell’uno e dell’altro, e vale in ogni caso quello che il Siracide dice del commerciante :

 

[1] Cf. Sir 50,22,24 “E ora benedite il Dio dell’universo, che compie in ogni luogo grandi cose, che fa crescere i nostri giorni fin dal seno materno, e agisce con noi secondo la sua misericordia. Ci conceda la gioia del cuore e ci sia pace nei nostri giorni in Israele, ora e sempre. La sua misericordia resti fedelmente con noi e ci riscatti nei nostri giorni.”

[1] Cf. “Aiuta il tuo prossimo secondo la tua possibilità” Sir 29,20 cf. Sir 3,29s ; 7,32-36.

 

 

 

“Se uno non si aggrappa in fretta al timore del Signore, la sua casa andrà presto in rovina (Sir 27,3)

 

Nella società è difficile la convivenza di ricchi e poveri; questo i sapienti lo mettono proprio in chiaro; anche se non sono critici come i profeti, constatano quanto accade; loro parlano di singole persone o di gruppi, noi oggi possiamo aggiungere “popoli”:

“Il ricco commette ingiustizia e per di più grida forte, il povero riceve ingiustizia e per di più deve scusarsi” (Sir 13,3; cf Pr 18,23)

“Quale pace può esservi fra la iena e il cane? Quale intesa tra il ricco e il povero? (Sir 13,18)

“La condizione umile è in abominio al superbo, così il povero è in abominio al ricco.” (Sir 13,20)

“Se il ricco vacilla, è sostenuto dagli amici; se il povero cade, anche dagli amici è respinto” (Sir 13,21;cf Pr 14,20;19,4).

“Parla il ricco, tutti tacciono ed esaltano fino alle nuvole il suo discorso.

Parla il povero e dicono: “Chi è costui?”.  Se inciampa, l’aiutano a cadere.” (Sir 13,23)

 

 

Eppure anche  la  ricchezza ha grossi limiti di fronte al valore della persona:

“Un povero è onorato per la sua scienza, un ricco è onorato per la sua ricchezza” (Sir 10,30)

“Meglio un povero di aspetto sano e forte che un ricco malato nel suo corpo”  (Sir 30,14)

“Meglio un povero di condotta integra che un ricco di costumi perversi” (Pr 19,1)

 

Ricchezza e povertà  mettono a rischio la salute fisica e morale:

“L’insonnia del ricco consuma il corpo, i suoi affanni gli tolgono il sonno…Un ricco fatica nell’accumulare ricchezze, e se riposa è per darsi ai piaceri. Un povero fatica nelle privazioni della vita, ma se si riposa cade in miseria. Chi ama l’oro non sarà esente da colpa, chi insegue il denaro ne sarà fuorviato. Beato il ricco che si trova senza macchia e che non corre dietro all’oro. Sarà per lui un titolo di vanto. Chi poteva trasgredire e non ha trasgredito, fare il male e non lo ha fatto?  Per questo si consolideranno i suoi beni e l’assemblea celebrerà le sue beneficenze.” (Sir 31,1.3-5.8.11)

 

Occorre riconoscere che

“Il ricco e il povero si incontrano, il Signore ha creato l’uno e l’altro” (Prov 22,2)

“Bene e male, vita e morte, povertà e ricchezza, tutto proviene dal Signore” (Sir 11,14 cf  11,10-28;14,3s)

“Il Signore di tutti non si ritira davanti a nessuno,non ha soggezione della grandezza, perché egli ha creato il piccolo e il grande e si cura ugualmente di tutti.” (Sap 6,7)

 

Per cui la cosa più saggia per tutti, ricchi e poveri, è fare al Signore la seguente preghiera:

 

“Io ti domando due cose, non negarmele prima che io muoia: tieni lontano da me falsità e menzogna, non darmi né povertà né ricchezza, ma fammi avere il mio pezzo di pane, perché, una volta sazio, io non ti rinneghi e dica: «Chi è il Signore?», oppure, ridotto all’indigenza, non rubi e abusi (profani) del nome del mio Dio (Pr 30,7-9)

 

Ed è saggio ricordarsi del consiglio:

“Pensa alla carestia nel tempo dell’abbondanza; alla povertà e all’indigenza nei giorni di ricchezza” (Sir18,25)

 

Anche nei salmi spesso ci è ricordato che la ricchezza è una benedizione, ma non un possesso stabile, mentre  la povertà è un grido che viene sempre  ascoltato dal Signore[3]:

Preghiamo sempre “Ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato a mani vuote i ricchi” (Lc 1,53), ma è tema sapienziale: “Non depredare il povero perché egli è povero, e non affliggere il misero in tribunale, perché il Signore difenderà la loro causa e spoglierà della vita coloro che li hanno spogliati.” (Pr 22,22-23)

 

Oggi però il tema ricchezza e povertà  va visto anche nell’ottica di chi ha lavoro e chi non lo ha, proprio perché il lavoro dà quelle coordinate di tempo e spazio (identità e cittadinanza) di cui abbiamo parlato la volta scorsa, è il contesto in cui la persona si costituisce, cresce, riceve e dà: Dio opera sempre e l’uomo fatto a sua immagine ha bisogno di operare, in qualsiasi modo avvenga, per  divenirlo concretamente, come anche ha bisogno di tempo di riposo per coltivare il legame con il Signore.

Per vivere la dimensione sacerdotale e profetica, l’essere umano  ha bisogno di vivere intensamente la sua regalità (cf. Genesi): nell’agire si dà quello che si è e si diventa secondo ciò che muove dentro,  e se questo è l’Amore (vedi “timore” nei sapienziali)  tutto è “sacrum facere”, servire Dio e i fratelli.

 

 

 

 

Ascoltiamo ancora  come conclusione Siracide 11, 10-27

 

10Figlio, le tue attività non riguardino troppe cose: se le moltiplichi, non sarai esente da colpa; se insegui una cosa, non l’afferrerai, e anche se fuggi, non ti metterai in salvo. 11C’è chi fatica, si affanna e si stanca, eppure resta sempre più indietro. 12C’è chi è debole e ha bisogno di soccorso, chi è privo di forza e ricco di miseria, ma gli occhi del Signore lo guardano con benevolenza, lo sollevano dalla sua povertà 13e gli fanno alzare la testa, sì che molti ne restano stupiti. 14Bene e male, vita e morte, povertà e ricchezza provengono dal Signore.

15Sapienza, scienza e conoscenza della legge vengono dal Signore; l’amore e la pratica delle opere buone provengono da lui. 16Errore e tenebre sono creati per i peccatori; quanti si vantano del male, il male li accompagna nella vecchiaia.

17Il dono del Signore è assicurato ai suoi fedeli e la sua benevolenza li guida sempre sulla retta via. 18C’è chi diventa ricco perché sempre attento a risparmiare, ed ecco la parte della sua ricompensa: 19mentre dice: «Ho trovato riposo, ora mi ciberò dei miei beni», non sa quanto tempo ancora trascorrerà: lascerà tutto ad altri e morirà.

20Persevera nel tuo impegno e dèdicati a esso, invecchia compiendo il tuo lavoro. 21Non ammirare le opere del peccatore, confida nel Signore e sii costante nella tua fatica, perché è facile agli occhi del Signore arricchire un povero all’improvviso. 22La benedizione del Signore è la ricompensa del giusto; all’improvviso fiorirà la sua speranza. 23Non dire: «Di che cosa ho bisogno e di quali beni disporrò d’ora innanzi?». 24Non dire: «Ho quanto mi occorre; che cosa potrà ormai capitarmi di male?». 25Nel tempo della prosperità si dimentica la sventura e nel tempo della sventura non si ricorda la prosperità. 26È facile per il Signore nel giorno della morte rendere all’uomo secondo la sua condotta. 27L’infelicità di un’ora fa dimenticare il benessere; alla morte di un uomo si rivelano le sue opere.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  • Mitezza

Chi è mite secondo Dio è più sapiente dei sapienti

e chi è umile di cuore è più potente dei potenti

e questo perché essi portano il giogo di Cristo

con consapevolezza. (Marco l’Asceta)

Nessuna virtù produce la sapienza come la mitezza.

(Evagrio)

 

Chi tra voi è saggio e intelligente?

Con la buona condotta mostri che le sue opere sono ispirate a mitezza e sapienza.

Ma se avete nel vostro cuore gelosia amara e spirito di contesa, non vantatevi e non dite menzogne contro la verità. Non è questa la sapienza che viene dall’alto: è terrestre, materiale, diabolica; perché dove c’è gelosia e spirito di contesa, c’è disordine e ogni sorta di cattive azioni.

Invece la sapienza che viene dall’alto anzitutto è pura, poi pacifica, mite, arrendevole, piena di misericordia e di buoni frutti, imparziale e sincera. (Gc 3,13-17)

 

 

 

La mitezza è la sapienza dell’uomo provato che ha superato la prova, trasformandola in sapiente dominio di sé, sobrietà, mansuetudine, umiltà, pace, attesa.

La mitezza è la sapienza dell’uomo che non si irrita più, perché in fondo ogni nostro atteggiamento, sentimento negativo si originano da una irritazione.

La mitezza è la sapienza di chi prende su di sé, si fa carico di tutto ciò che è umano, creaturale, senza per questo chiudere l’orizzonte.

Per questo la mitezza è tutt’altro che debolezza, è forza interiore, guidata dal timore del Signore, docile alla Parola, allo Spirito Santo, forza che giunge a dominare con serenità tutti gli eventi della vita propria ed altrui, senza mai divenire freddezza autodifensiva, sempre capace di simpatia ed empatia.

 

La vera mitezza  in un essere umano, oggi forse più che mai,  è splendore rivelatore del volto di Dio, della sua infinita misericordia e pazienza, anche se la parola mitezza, in realtà, è quasi[4] usata solo per il suo “messia” (cf.  Sap 12,18/ Sl 45,5: in quest’ultimo testo “messianico” troviamo lo stesso  termine che userà poi Matteo per Gesù stesso in 11,29 e 21,5 citazione di Zaccaria 9,9).

 

Più che la parola, le parole che in ebraico e in greco vengono usate, si trovano nei sapienziali (e non solo!) tante espressioni, descrizioni che portano alla “mitezza” per contrapposizione, in quanto è l’opposto dell’ira, del rancore, della superbia, della stoltezza, della menzogna.

 

 

Possiamo considerare un ritratto del mite  Sir 2,1-18:

 

1Figlio, se ti presenti per servire il Signore, preparati alla tentazione. 2Abbi un cuore retto e sii costante , non ti smarrire nel tempo della prova. 3Stai unito a lui senza separartene, perché tu sia esaltato nei tuoi ultimi giorni. 4Accetta quanto ti capita e sii paziente nelle vicende dolorose, 5perché l’oro si prova con il fuoco e gli uomini ben accetti nel crogiuolo del dolore. Nelle malattie e nella povertà confida in lui.

6Affidati a lui ed egli ti aiuterà, raddrizza le tue vie e spera in lui .

7Voi che temete il Signore, aspettate la sua misericordia e non deviate, per non cadere. 8Voi che temete il Signore, confidate in lui, e la vostra ricompensa non verrà meno. 9Voi che temete il Signore, sperate nei suoi benefici, nella felicità eterna e nella misericordia, poiché la sua ricompensa è un dono eterno e gioioso.

10Considerate le generazioni passate e riflettete: chi ha confidato nel Signore ed è rimasto deluso? O chi ha perseverato nel suo timore e fu abbandonato? O chi lo ha invocato e da lui è stato trascurato? 11Perché il Signore è clemente e misericordioso, perdona i peccati e salva al momento della tribolazione .

12Guai ai cuori pavidi e alle mani indolenti e al peccatore che cammina su due strade! 13Guai al cuore indolente che non ha fede, perché non avrà protezione. 14Guai a voi che avete perduto la perseveranza: che cosa farete quando il Signore verrà a visitarvi?

15Quelli che temono il Signore non disobbediscono alle sue parole, quelli che lo amano seguono le sue vie. 16Quelli che temono il Signore cercano di piacergli, quelli che lo amano si saziano della legge. 17Quelli che temono il Signore tengono pronti i loro cuori e si umiliano al suo cospetto.

18«Gettiamoci nelle mani del Signore e non in quelle degli uomini; poiché come è la sua grandezza, così è anche la sua misericordia».

 

 

Il mite è in fondo la figura del giusto che gli empi non sopportano perché “diverse sono le sue strade”, e dicono:

“Se infatti il giusto è figlio di Dio, egli verrà in suo aiuto e lo libererà dalle mani dei suoi avversari. Mettiamolo alla prova con violenze e tormenti, per conoscere la sua mitezza e saggiare il suo spirito di sopportazione.” (Sap 2,18-19)

 

Per capire fin in fondo la mitezza va colto che solo Mosè (Num 12,3ss, cf Es 32,32; cf Sir 45,4) e Gesù vengono detti miti in senso pieno  (in parte, anche   Davide, anche  Onia, un sacerdote ancora  intercedente da morto per il popolo che compare in sogno a Giuda, in 2 Mac 15,12,  con Geremia – anche lui portatore del male del popolo e intercedente): miti sono coloro che hanno portato in modo egregio, sostanziale, il peso del popolo davanti a Dio, rinunciando ad ogni loro possibile privilegio.

 

Il mite è l’umile, è il povero umile, perché, per la Bibbia, il povero che non è umile non è povero: occorre riconoscersi creatura, accogliere i propri limiti, stare al proprio posto nel mondo, sentire il bisogno di essere salvato e stare in attesa, aperto all’azione di Dio in sé, nel fratello e nel mondo, allora si è poveri e miti !

 

I miti del salmo 37,11, testo a cui rimanda la Beatitudine di Matteo, sono tutto questo e, infatti, la nuova traduzione mette “poveri” (in ebraico è usata la parola iuu wana/anaw in greco  prauj termini che perdono nel tempo le  sfumature economiche per assumere quelle spirituali di mansuetudine e umiltà): si è rimandati a quello stare in silenzio davanti al Signore, sperare in lui, non irritarsi per nessun motivo,[5] fino ad avere la pace  anche nel muoversi nelle cose di questo mondo, quella pace  che apre ai doni di Dio, a Lui stesso come eredità: il mite eredita la terra del proprio cuore dove il Signore  abita per vivere “amore e fedeltà”

 

I poveri invece avranno in eredità la terra

e godranno di una grande pace.  (Sl 37,11)

“guida i poveri secondo giustizia,

insegna ai poveri la sua via. (cf per Mosè Sl 103,7)

Tutti i sentieri del Signore sono amore e fedeltà

per chi custodisce la sua alleanza e i suoi precetti.”(Sl 25,9-10)

 

La  “mitezza” finisce per esprimere il forte legame tra umiltà e timore di Dio[6]  che connota tutti gli atteggiamenti del vivere, dal modo di  pregare allo stare tra fratelli e sorelle, dal modo di accogliere una vocazione a quello di vivere la condizione umana nei suoi risvolti di debolezza, la  malattia e la morte.

Si è rimandati a quello che tanti maestri spirituali, ben diversi tra loro, hanno raggiunto e indicato: l’abbandono fiducioso nelle mani del Signore:  non si può farsi portare da Lui senza essere miti con se stessi e i fratelli tutti.

 

Il mite finisce per essere il credente maturo nel discepolato del suo Signore (mite in latino significa anche per i frutti “essere giunti a maturazione”), maturo nella fede,  capace di silenzio e preghiera[7] per “gustare” la Parola, “lavorato” dallo Spirito Santo da cui viene il dono della mitezza, al di là di come si è per carattere.

 

La mitezza  esprime: “Lo spirito” di una Chiesa fedele e fiduciosa nel suo Signore, che sa vivere le sfide del proprio tempo coniugando fedeltà con capacità di ascolto ed accoglienza cordiale, in atteggiamento di simpatia e profezia verso il mondo.”(Don Fausto Sciurpa).

 

 

 

Ascoltiamo ancora:

 

Siracide 35

1Chi osserva la legge vale quanto molte offerte; 2chi adempie i comandamenti offre un sacrificio che salva. 3Chi ricambia un favore offre fior di farina, 4chi pratica l’elemosina fa sacrifici di lode. 5Cosa gradita al Signore è tenersi lontano dalla malvagità, sacrificio di espiazione è tenersi lontano dall’ingiustizia. 6Non presentarti a mani vuote davanti al Signore, 7perché tutto questo è comandato. 8L’offerta del giusto arricchisce l’altare, il suo profumo sale davanti all’Altissimo. 9Il sacrificio dell’uomo giusto è gradito, il suo ricordo non sarà dimenticato. 10Glorifica il Signore con occhio contento, non essere avaro nelle primizie delle tue mani. 11In ogni offerta mostra lieto il tuo volto, con gioia consacra la tua decima. 12Da’ all’Altissimo secondo il dono da lui ricevuto, e con occhio contento, secondo la tua possibilità, 13perché il Signore è uno che ripaga e ti restituirà sette volte tanto.

14Non corromperlo con doni, perché non li accetterà, 15e non confidare in un sacrificio ingiusto, perché il Signore è giudice e per lui non c’è preferenza di persone. 16Non è parziale a danno del povero e ascolta la preghiera dell’oppresso. 17Non trascura la supplica dell’orfano, né la vedova, quando si sfoga nel lamento. 18Le lacrime della vedova non scendono forse sulle sue guance 19e il suo grido non si alza contro chi gliele fa versare? 20Chi la soccorre è accolto con benevolenza, la sua preghiera arriva fino alle nubi. 21La preghiera del povero attraversa le nubi né si quieta finché non sia arrivata; non desiste finché l’Altissimo non sia intervenuto 22e abbia reso soddisfazione ai giusti e ristabilito l’equità.

 

 

 

 

 

 

 Sl 37 (36) 1Di Davide.

 Non irritarti a causa dei malvagi,

non invidiare i malfattori.

2Come l’erba presto appassiranno;

come il verde del prato avvizziranno.

3Confida nel Signore e fa’ il bene:

abiterai la terra e vi pascolerai con sicurezza.

4Cerca la gioia nel Signore:

esaudirà i desideri del tuo cuore.

5Affida al Signore la tua via,

confida in lui ed egli agirà:

6 farà brillare come luce la tua giustizia,

il tuo diritto come il mezzogiorno.

7Sta’ in silenzio davanti al Signore e spera in lui;

non irritarti per chi ha successo,

per l’uomo che trama insidie.

8Desisti dall’ira e deponi lo sdegno,

non irritarti: non ne verrebbe che male;

9perché i malvagi saranno eliminati,

ma chi spera nel Signore avrà in eredità la terra.

10Ancora un poco e il malvagio scompare:

cerchi il suo posto, ma lui non c’è più.

11I poveri invece avranno in eredità la terra

e godranno di una grande pace.

18Il Signore conosce i giorni degli uomini integri:

la loro eredità durerà per sempre.

19Non si vergogneranno nel tempo della sventura

e nei giorni di carestia saranno saziati.

21Il malvagio prende in prestito e non restituisce,

ma il giusto ha compassione e dà in dono.

23Il Signore rende sicuri i passi dell’uomo

e si compiace della sua via.

24 Se egli cade, non rimane a terra,

perché il Signore sostiene la sua mano.

25Sono stato fanciullo e ora sono vecchio:

non ho mai visto il giusto abbandonato

né i suoi figli mendicare il pane;

26ogni giorno egli ha compassione e dà in prestito,

e la sua stirpe sarà benedetta.

27Sta’ lontano dal male e fa’ il bene

e avrai sempre una casa.

29I giusti avranno in eredità la terra

e vi abiteranno per sempre.

30La bocca del giusto medita la sapienza

e la sua lingua esprime il diritto;

31la legge del suo Dio è nel suo cuore:

i suoi passi non vacilleranno.

34Spera nel Signore e custodisci la sua via:

egli t’innalzerà perché tu erediti la terra;

tu vedrai eliminati i malvagi.

37Osserva l’integro, guarda l’uomo retto:

perché avrà una discendenza l’uomo di pace.          

38Ma i peccatori tutti insieme saranno eliminati,

la discendenza dei malvagi sarà sterminata.

39La salvezza dei giusti viene dal Signore:

nel tempo dell’angoscia è loro fortezza.        

40 Il Signore li aiuta e li libera,

li libera dai malvagi e li salva,

perché in lui si sono rifugiati. 

 

 

E finiamo con un testo di un uomo d’arme divenuto uomo mite, Charles de Foucauld, pregava così:

 

 

Padre mio, io mi abbandono a Te,

fa’ di me ciò che ti piace.

Qualsiasi cosa tu faccia di me,

ti ringrazio.

Sono pronto a tutto, accetto tutto,

purché la tua volontà si compia in me

e in tutte le tue creature:

non desidero nient’altro, mio Dio!

Rimetto l’anima mia nelle tue mani,

te la dono, mio Dio,

con tutto l’amore del mio cuore,

perché ti amo.

È per me un’esigenza di amore,

il donarmi a Te,

l’affidarmi alle tue mani, senza misura,

con infinita fiducia:

perché Tu sei mio Padre!

Amen.

 

 

 

 

E per  ripeterci cosa è “la sapienza”:

 

 

1«Dio dei padri e Signore della misericordia, che tutto hai creato con la tua parola, 2e con la tua sapienza hai formato l’uomo perché dominasse sulle creature che tu hai fatto, 3e governasse il mondo con santità e giustizia ed esercitasse il giudizio con animo retto, 4dammi la sapienza, che siede accanto a te in trono, e non mi escludere dal numero dei tuoi figli, 5perché io sono tuo schiavo e figlio della tua schiava, uomo debole e dalla vita breve, incapace di comprendere la giustizia e le leggi. 6Se qualcuno fra gli uomini fosse perfetto, privo della sapienza che viene da te, sarebbe stimato un nulla. 7Tu mi hai prescelto come re del tuo popolo e giudice dei tuoi figli e delle tue figlie; 8mi hai detto di costruirti un tempio sul tuo santo monte, un altare nella città della tua dimora, immagine della tenda santa che ti eri preparata fin da principio. 9Con te è la sapienza che conosce le tue opere, che era presente quando creavi il mondo; lei sa quel che piace ai tuoi occhi e ciò che è conforme ai tuoi decreti. 10Inviala dai cieli santi, mandala dal tuo trono glorioso, perché mi assista e mi affianchi nella mia fatica e io sappia ciò che ti è gradito. 11Ella infatti tutto conosce e tutto comprende: mi guiderà con prudenza nelle mie azioni e mi proteggerà con la sua gloria. 12Così le mie opere ti saranno gradite; io giudicherò con giustizia il tuo popolo e sarò degno del trono di mio padre. 13Quale uomo può conoscere il volere di Dio? Chi può immaginare che cosa vuole il Signore? 14I ragionamenti dei mortali sono timidi e incerte le nostre riflessioni, 15perché un corpo corruttibile appesantisce l’anima e la tenda d’argilla opprime una mente piena di preoccupazioni. 16A stento immaginiamo le cose della terra, scopriamo con fatica quelle a portata di mano; ma chi ha investigato le cose del cielo? 17Chi avrebbe conosciuto il tuo volere, se tu non gli avessi dato la sapienza e dall’alto non gli avessi inviato il tuo santo spirito? 18Così vennero raddrizzati i sentieri di chi è sulla terra; gli uomini furono istruiti in ciò che ti è gradito e furono salvati per mezzo della sapienza». (Sapienza 9)

 

 

[1] Cf. Sir 50,22,24 “E ora benedite il Dio dell’universo, che compie in ogni luogo grandi cose, che fa crescere i nostri giorni fin dal seno materno, e agisce con noi secondo la sua misericordia. Ci conceda la gioia del cuore e ci sia pace nei nostri giorni in Israele, ora e sempre. La sua misericordia resti fedelmente con noi e ci riscatti nei nostri giorni.”

[2] Cf. “Aiuta il tuo prossimo secondo la tua possibilità” Sir 29,20 cf. Sir 3,29s ; 7,32-36.

[3] Cf. il bellissimo Sir 35,11-36,17.

[4] Cf. però il Sl 18(17),36 dove il salmista  si riferisce al suo Dio: ma nella nuova traduzione, probabilmente per una diversa lezione dei codici, è sparito anche il termine clemenza/ bontà con cui veniva tradotto anaw attribuito a Dio;ma a noi fa ancora difficoltà dire “povertà” di Dio, eppure in Gesù Cristo……(cf anche Sap 12,18).

[5] Per i Padri l’unica “ira” accettabile è quella contro i demoni,  il male, mai contro persone, cose, eventi, e la vita credente è appunto un combattimento: “Meglio un profano mite che un monaco iroso e infuriato”(Evagrio).

[6] Sir 1,24 “Il timore del Signore è sapienza e istruzione, si compiace della fiducia e della mansuetudine.”

[7] Sir 35,21.22 “La preghiera del povero attraversa le nubi né si quieta finché non sia arrivata; non desiste finché l’Altissimo non sia intervenuto e abbia reso soddisfazione ai giusti e ristabilito l’equità.” (cf Sir 35,16; 21,5).