Possa il Signore Gesù toccare i nostri occhi, per renderci capaci di guardare non ciò che si vede, ma quello che non si vede! Possa aprirli questi occhi perché contemplino non il presente ma l’avvenire e possa donarci gli occhi del cuore con i quali possiamo vedere il Signore attraverso lo Spirito (Origene nell’opuscolo sulla preghiera di Gesù)

L’icona della Trinità  e la pace (in tempi oscuri).

Mi ha confermato in questa scelta  leggere a Luglio una nota dell’Agenzia AsiaNews che diceva dell’inconsueta concessione alla Chiesa Ortodossa, per volere di Putin, da parte della Galleria Tret’jakov, il museo d’arte di Mosca,  che la detiene, di spostarla  alla Lavra di San Sergio, il luogo in cui tale icona era nata, e questo  per una celebrazione a sfondo fortemente nazionalistico quasi che la presenza dell’icona  anticipasse la vittoria sulla  Ucraina e sulla barbarie occidentale, come a suo tempo aveva segnato la vittoria sui tartari nella  Battaglia di Kulikovo in cui il principe Dmitrij di Mosca sconfisse i tartari con la Benedizione di San Sergio  il cui monastero, la Lavra della Trinità diventa centro di irradiazione spirituale ( e sociale) in Russia.

(la cosa ci faccia pensare, ma non ci scandalizzi; anche la storia del cattolicesimo è piena di manipolazioni; la cosa sia stimolo per fare  di questa riflessione una invocazione della pace per tutti)

A tale Lavra si recò Giorgio La Pira andato in Russia in altri tempi difficili (guerra fredda)  per riallacciare ponti per una pace. (forse lo fece anche ps Maddelaine, ma non so i particolari).

Un filone di approfondimento dell’icona, prima degli aspetti iconografici,  è questo: va riconosciuto che  questa icona è prodotto della spiritualità russa, unico nel suo genere.

(demonizzare la cultura dell’altro è la cosa che meno costruisce la pace..eppure c’è il tentativo di farlo Con Dostoevskij)

Rublev e l’amico Danilij sono monaci al monastero di Andronico (Mosca), ma entrano nell’orbita dell’influsso di San Sergio[1] che segnò una grande difesa e diffusione del monachesimo e dell’esicasmo[2]; il suo successore di Nikon per rendergli un particolare omaggio   volle proprio  che Rublev dipingesse una icona della Trinità.

Non è casuale quindi che l’icona  della Trinità sia legata al monastero di San Sergio, in quanto esprime il cuore del mistero cristiano, la vita trinitaria che si realizza nella koinonia dei fratelli (e qui possiamo cogliere un legame con i desideri di  fr Charles) e segna l’evoluzione tutta russa dei temi iconografici degli angeli e dell’ospitalità di Abramo, già presenti in occidente e in oriente.

Soloviev dirà che è idea russa (Chiesa, Stato, Società)  restaurare sulla terra l’immagine  fedele della Trinità, ma a noi  interessa cogliere la Spiritualità che vi sta dietro, che senz’altro ha connotazioni monastiche  (venerazione per i libri sacri,  lotta spirituale, ascesi, povertà) ma va all’essenziale ricerca di un cuore puro  (esicasmo) che solo fa tradurre in pratica che Dio ci ha creati perchè ci intendessimo pienamente gli uni gli altri, perché  diffondessimo pace.

L’icona della Trinità di Rublev è considerata l’icona delle icone – così è stata definita nel  Concilio dei cento capitoli nel 1551[3] -ed è il modello a cui fare riferimento per tale mistero celebrato  in  Russia a Pentecoste.

Anche questo tema della Trinità comunque rivela  la diversa evoluzione oriente-occidente[4]: in oriente affianca e/o sostituisce l’icona di Pentecoste rappresentata secondo gli  Atti; in occ in cui si distinguono le feste Pentecoste e Trinità  si avrànno diverse rappresentazioni ( alla fine non rinuncerò a mostrarvi una trinità occidentale che mi è molto cara perché profetica).

Per concludere su questo sfondo  russo, ricordo che tale icona, come tutte quelle di Rublev e dell’amico Danilij, appartiene a tempi oscuri che  l’autore ha attraversato (pensiamo all’icona del Salvatore  rimasta per tanto tempo sotto una catasta di legna e alle tante opere perdute; sappiamo molto poco di Rublev, se volete sentirne il clima vedete il  film di Tarkovskij).

Anche l’icona della Trinità ha subito tante cose, tanto più che, come era usuale al tempo, fu rivestita[5], ma gli studiosi tutti sottolineano che ciò che è stato conservato è molto di più di ciò che è stato perduto

Florenskij[6] la salva in tempi altrettanto oscuri e sottolinea: proprio in un momento di barbarie l’icona svela la pace che viene dall’alto; all’inimicizia e all’odio imperanti nel mondo si contrappone l’amore reciproco che fluisce dall’eterno silenzioso colloquio nell’armonia celeste della sottomissione reciproca.

Aggiunge ma sintetizzo io: la cultura umana rappresentata  dagli edifici, il mondo della vita (l’albero) e la terra (roccia), tutto è piccolo e insignificante davanti  a questa comunione di amore inesauribile  e infinito che diventa la fonte della nostra speranza.

 

Ma veniamo agli aspetti iconografici.

Vi è il tema degli angeli nella Scrittura e nell’arte, ma anche il tema dell’ospitalità di Abramo che risale già all’epoca paleocristiana ed ha tante riletture sia letterali che simboliche.[7]

Per esprimere il mistero insondabile della Trinità si parte dall’episodio misterioso di Genesi 18 in cui Abramo è visitato[8] e per l’ospite ora si usa il singolare ora il plurale, ora il Signore, ora tre uomini, che poi nell’episodio di Sodoma sembrano dividersi il Signore che sta con Abramo e poi se ne va, e due ora detti angeli che vanno a Sodoma…

In realtà nell’approfondire il mistero di questa manifestazione divina sono Abramo e Sara che scompaiono e il loro scomparire fa passare dalla narrazione di un episodio dell’AT al mistero divino che di fatto ogni icona vuole esprimere (oro di fondo), e nell’approfondire il mistero Rublev arriva a questa immagine in cui tutto è ridotto ad una sobrietà essenziale (se ne sia o no persi nel tempo alcuni particolari, resta la sobrietà di fondo, sicuramente contemplata e voluta dall’autore.), rispetto ad altre rappresentazioni (cf per es di Teofane che fu maestro di Rublov; cf quelle con diversa disposizione degli angeli e  quelle che distinguono il Signore da due angeli che lo accompagnano e lo connotano come Cristo fedeli al principio che Dio non è rappresentabile…. Cf  i nimbi crociati, uno o tre, la tavola più o meno imbandita  ecc).

Comunque negli inni liturgici molto prima che nell’iconografia la scena porta il titolo Santa Trinità.  La liturgia precede l’iconografia che ne è il frutto “pregato”.

Il Signore in tutto l’antico testamento compare ora come uomo (es Giosuè 5) ora, più spesso, in forma angelica (cf però evoluzione stessa degli angeli[9]); in fondo gli angeli rivelano e nascondono la presenza divina e conta più della loro forma (ali o non, aureola o non, maschi barbuti o femminei o bambini)  il loro messaggio (volontà di Dio). Si comprende pertanto la scelta di servirsene per la Trinità e il suo mistero: tre uguali e distinti dalle vesti e dai gesti (altri segni prima raffigurati spariscono in Rublev).

Tante sono le interpretazioni per cui non meravigliatevi se ne conoscete altre o ne troverete altre.

Quello che ci deve premere stasera è contemplare, farci accogliere dentro l’abbraccio di Padre Figlio e Spirito per capire un po’ di più come la loro comunione sia per noi fonte di luce e pace e comunione: banchetto sempre aperto, lo spazio vuoto davanti è un invito per noi.  

(le icone non sono mai narrative  e dialogano con chi le contempla)

L’oriente per la sua sensibilità teologica rifiuta, per lo più, la rappresentazione della Trinità con un padre anziano[10], un figlio e una colomba e una sfera cosmica; il mondo bizantino conserva  come icona di Pentecoste quella che rende la narrazione degli Atti e usa l’ospitalità di Abramo il lunedì dopo, invece in Russia si riconosce  come immagine adeguata alla stessa Pentecoste[11] quella della rivelazione trinitaria di Rublev  tre angeli identici e distinti [12]  in un dialogo muto fatto di cenni attorno a un tavolo/altare che sopra ha  una coppa che rimanda all’agnello (Pasqua)[13], unico elemento rimasto di una tavola imbandita

Tutto è ridotto all’essenziale.

Restano i segni dell’autorevolezza a partire dall’aureola, dal bastone, ma anche i vestiti (tunica e clavo), il diadema e i nastri[14] tra i capelli.

Gesti (sguardo in particolare e le mani) e colori esprimono la diversità e questo diventa particolarmente significativo perché si sa che l’essenza divina non è rappresentabile, ma solo la funzione delle persone divine nel loro operare per la salvezza degli uomini (economia).

Sopra gli angeli (per se stessi molto alti) compaiono la casa/tenda/dove siamo attesi; la quercia/albero della vita/ la croce; la montagna dell’incontro (richiamo alla creazione, alle epifanie, alla vergine cf Dn2…), senza traccia di pesantezza.

Albero e montagna sono curvi verso la casa rafforzando il gesto degli angeli sottostanti.

Dietro le figure si intravedono l’immagine del cerchio, di alcuni triangoli e quella di un calice, direi particolari senza bisogno di commento.

Lascio la parola al testo più recente che ho

Il centro ideale della composizione è la coppa sulla mensa, contenente la testa del vitello, archetipo del sacrificio della croce e rimando ai Doni eucaristici. Gli angeli a sinistra e al centro benedicono la coppa, e la mano benedicente (braccio possente) di quest’ultimo si trova proprio sopra di essa, quasi che l’uno la offrisse e l’altro la
ricevesse, esprimendo con l’inclinazione del capo il suo assenso a realizzare il sempiterno disegno di salvezza: «Padre mio, se è possibile, passi via da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu!» (Mt 26,39)[15].

Inoltre, lo stesso angelo centrale si trova all’interno di una sorta di calice, formato
dalle sagome dei due angeli laterali. In tal modo Rublev vuol sottolineare ancora una volta che ci troviamo davanti al Figlio di Dio e Salvatore, che si offrirà in sacrificio per i peccati del mondo.

Il silenzioso dialogo dei gesti si conclude nella mano destra abbassata dell’angelo a destra. La sua posizione non del tutto tradizionale può essere intesa come un rimando alla Discesa dello Spirito Santo sugli apostoli, punto conclusivo della rivelazione al mondo del Dio consustanziale e trino. Questo gesto aveva probabilmente anche un significato liturgico più concreto, alludeva alla discesa dello Spirito Santo sul pane e il vino eucaristici, e alla loro transustanziazione nel Corpo e Sangue di Cristo dopo la preghiera dell’epiclesi . Che la coppa con la testa del vitello sia equiparata al calice eucaristico, e la mensa su cui poggia – all’ altare, è testimoniato anche dall’ apertura quadrata visibile nella faccia anteriore della mensa (simili aperture venivano praticate in genere negli altari di marmo per deporvi le reliquie), richiamo anche alla terra/mondo intero (4 lati).

Infine, la partecipazione del terzo angelo alla mensa eucaristica comune era particolarmente sottolineata nel caso in cui questi sfiorava con le dita della mano destra un pane eucaristico triangolare posto sulla mensa, cf  la  Trinità di Kolomna e in altre opere più tarde; con ogni probabilità, questo pane figurava anche nell’icona di Rublev.

A parlarci del disegno sempiterno di Dio e del suo realizzarsi nella storia umana (la cosiddetta «economia divina») sono anche gli attributi simbolici delle tre ipostasi – l’edificio, l’albero e il monte. Fonte dell’economia divina è la volontà creatrice di Dio Padre, e per questo al di sopra dell’angelo che lo simboleggia Rublev colloca la raffigurazione convenzionale di una casa, la dimora di Abramo. La quercia di Mamre ha anche valenza di albero della vita e rimanda alla morte in croce del Salvatore
e alla sua Resurrezione, che apre la via della vita eterna. Essa si trova al centro, sopra l’angelo che simboleggia Cristo. Il monte è figura dell’ «estasi dello spirito», cioè dell’elevazione spirituale a cui è chiamata l’umanità redenta attraverso l’azione della terza ipostasi della Trinità, lo Spirito Santo.

A caratterizzare ciascuna persona (ipostasi), nell’icona di Rublev poteva contribuire anche il colore, anche se ci sono diverse interpretazioni.

Questo vale innanzi tutto per l’angelo centrale, rivestito di una tunica color porpora con un clavo (fascia verticale applicata) d’oro, e un mantello azzurro i colori tradizionali di Cristo. La calda tonalità rosata del mantello dell’angelo destro, con riflessi e lumeggiature azzurro intenso. crea un effetto di scintillio che sembra avvolgere la figura come una nube luminosa; si tratta forse di un’allusione all’invisibilità e assoluta indicibilità della prima ipostasi? Infine, il manto verde del
terzo angelo è indubbiamente un simbolo della forza vivificante dello Spirito Santo, particolarmente sottolineata sia dalla Sacra Scrittura sia dal testo del Credo (E nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita ..). Naturalmente, possiede un significato simbolico il color azzurro cielo, che nelle vesti degli angeli costituisce una sorta di riflesso del mondo celeste da cui essi provengono.  (cf Uspenskij)

Se guardiamo all’icona come segno liturgico troviamo che anche per essa sono significative la parole di Papa Francesco che, nella lettera apostolica Desiderio desideravi sulla formazione liturgica, ci mette subito davanti:

Ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione” (Lc 22,15). Le parole di Gesù con le quali si apre il racconto dell’ultima Cena sono lo spiraglio attraverso il quale ci viene data la sorprendente possibilità di intuire la profondità dell’amore delle Persone della Santissima Trinità verso di noi.  (n.2)

 E ancora n10   L’Incarnazione oltre ad essere l’unico evento nuovo che la storia conosca, è anche il metodo che la Santissima Trinità ha scelto per aprire a noi la via della comunione. La fede cristiana o è incontro con Lui vivo o non è.   E il testo poi ribadisce che la nostra risposta deve essere volersi lasciare attrarre da lui che per primo ha desiderio di noi: è quello che dice e fa l’icona!

Preghiera alla Trinità: (Dal sito delle Piccolo sorelle)

Tu sei Padre, Signore mio Dio.

Padre di tenerezza e di amore,

Padre che ami e che perdoni,

Padre che mi prendi nelle tue mani e sul tuo cuore,

Padre che consoli e che rassicuri,

Padre che non mi abbandoni mai e mi rimetti sempre in piedi.

Tu sei Figlio, Signore mio Dio.

Piccolo bambino fragile nelle braccia di tua madre.

Figlio, uomo tra gli uomini, tu mi parli e mi insegni che cos’è la Vita.

Figlio, tu ti offri sulla croce perché tutti gli uomini possano vivere di te, oggi e sempre.

Tu sei Spirito, Signore mio Dio.

Fuoco che riscalda i miei inverni.

Soffio che mi anima e vento che mi sospinge,

Spirito d’amore, spirito di vita, Spirito di giustizia e di libertà.

Tu sei Padre, tu sei Figlio, tu sei Spirito, Signore mio Dio.

… così quando facciamo il segno della croce professiamo questo amore, è il nostro distintivo nel mondo, la dimensione nella quale fa sintesi l’amore massimo di Dio per l’uomo. Anche per me.

Nelle nostre mani resta che anche una immagine può essere manipolazione  o contemplazione?

 E sempre ci dibattiamo tra fede o appartenenza (religione) come testimonia  Gemma Calabresi Milite nel suo  La crepa e la luce.

Piccole Sorelle del Vangelo di Charles de Foucauld

16 giugno 2019  ·

Preghiera alla Trinità:

Tu sei Padre, Signore mio Dio.

Padre di tenerezza e di amore,

Padre che ami e che perdoni,

Padre che mi prendi nelle tue mani e sul tuo cuore,

Padre che consoli e che rassicuri,

Padre che non mi abbandoni mai e mi rimetti sempre in piedi.

Tu sei Figlio, Signore mio Dio.

Piccolo bambino fragile nelle braccia di tua madre.

Figlio, uomo tra gli uomini, tu mi parli e mi insegni che cos’è la Vita.

Figlio, tu ti offri sulla croce perché tutti gli uomini possano vivere di te, oggi e sempre.

Tu sei Spirito, Signore mio Dio.

Fuoco che riscalda i miei inverni.

Soffio che mi anima e vento che mi sospinge,

Spirito d’amore, spirito di vita, Spirito di giustizia e di libertà.

Tu sei Padre, tu sei Figlio, tu sei Spirito, Signore mio Dio.

… così quando facciamo il segno della croce professiamo questo amore, è il nostro distintivo nel mondo, la dimensione nella quale fa sintesi l’amore massimo di Dio per l’uomo. Anche per me.

Alcune altre note:

Dio come un abbraccio: è il senso della Trinità, Dio non è in se stesso solitudine ma comunione.  Senza Amore non vale nessun magistero, nessuna cattedra (cf Kieslowski-10 comandamenti)

Bonhoeffer “Da potenza benigna meravigliosamente soccorsi, attendiamo consolati ogni futuro evento.  Dio è con noi alla sera e al mattino e senza fallo ogni nuovo giorno”   (lo scriveva mentre aspettava  la sua esecuzione!)

La Trinità è lasciarsi attrarre dal Santo, nel Santo, ad opera del Santo e quindi è un invito alla santità.

Tutto ciò che è bene proviene dal Padre per mezzo del Figlio nello Spirito Santo  e tutto deve ritornare nello Spirito santo per mezzo del Figlio al Padre (Spidlik)

Le due mani del Padre, il Figlio e lo Spirito (Ireneo)

Rosso porpora è colore regale ma anche indica l’umanità di Cristo, mentre l’azzurro il suo essere divino.

[1][1] Anche Rublev fu canonizzato, ma  nel 1988.

[2]  E’ la  preghiera continua che diventa via alla deificazione/santità.

[3] Così fu per il Cantico dei canti a Jabneh dove e quando fu fissato il canone ebraico da parte di Rabbi Aqiba

[4] Il dogma risale  al Concilio Costantinopolitano I -381-

[5] Dono di Ivan il Terribile che forse davanti ad essa fu battezzato.

[6] Arrivò a dire  che: esiste la Trinità di Rublev, perciò Dio è.

[7]  Chi è apparso ad Abramo, si danno tre risposte 1) tre angeli 2) il Signore  (quindi Gesù Cristo, unico volto raffigurabile) con due angeli  3) Tre come prefigurazione della Trinità già nell’A.T.  cf INNi liturgici.

[8] La visita rinnova l’identità di Abramo e la promessa.

[9] Gli angeli sono figure di intermediari presenti in tante religioni, quanto più si ha l’idea di un Dio lontano (Israele-Santo dei Santi inaccessibile; Islam) e sono presenti sia nella versione buona di custodi, sia in quella di accusatori. Nelle scritture sono chiaramente esseri spirituali creati da Dio, “inviati da Dio al servizio di coloro che devono ereditare la salvezza” (Eb 1,14. Nell’Ortodossia si insiste sulla subordinazione a Cristo e sulla superiorità di Maria. Nel giudaismo e nello pseudo Dionigi si sviluppa tutta una angelogia che divide le schiere in tre piani, superiore, mediano, inferiore  che è quello della comunicazione con gli umani. In contesto escatologico poi diventano portatori di spada, lancia o tromba, bilancia….

[10] Esempio è quella chiamata Paternità con il Figlio nel seno del padre e lo spirito come colomba. In questo senso la più antica icona trinitaria è quella del Battesimo di Gesù.

[11]  Si usa il verde come colore liturgico.

[12] Gv ci ricorda che Dio non lo si vede e che è amore: è creatore, salvatore, santificatore

[13] Per chi ha familiarità con sant’Ignazio è rimandato alla meditazione in cui le tre Persone decidono l’incarnazione (EE 102)

[14] C’è una figura della vittoria (NIKE) che era così rappresentata.

[15]  Si può ricordare anche il prologo di Gv “in principio era il Verbo e il Verbo era rivolto- non solo presso- verso Dio”.