Due cuori aperti al mondo

 

Ignazio di Loyola e Charles de Foucauld sono figure tra loro lontane nel tempo, ma sono state in un certo senso riavvicinate dall’anno appena trascorso, il 1991, nel quale i compagni e gli amici dell’uno e dell’altro hanno voluto far memoria in modo particolare del loro “amico” nei cieli: gli uni ricordavano i 500 anni della nascita di Ignazio; gli altri il 75° della morte di Charles; gli uni e gli altri lo hanno fatto con diverse pubblicazioni e iniziative che li ripresentano a noi, credenti di oggi, come esperienze luminose di fede ed esempi di una scelta totale di Gesù Cristo come unico amore della propria vita a cui tutto e tutti riportare.

A parte queste circostanze esterne, Ignazio e Charles sono davvero vicini per l’amore appassionato a Gesù Cristo, concretizzato in una tenerezza per la sua vicenda umana, nell’imitazione della sua vita e nel porre al centro l’Eucarestia, ma non solo per questo, vale quindi la pena, per così dire, partire dall’inizio delle loro storie, anche se faremo solo alcuni cenni.
Tutti e due sono uomini d’arme, certo secondo il proprio secolo, ma pur sempre di famiglia illustre che, per quanto credente, riconosce nelle armi uno dei campi prediletti per i suoi rampolli e ciascuno, a suo modo, è in cerca di avventure e di distinguersi dagli altri, pur avendo la capacità, nel pericolo, di far causa comune, di uscire da sé, di essere generoso.
Se per Ignazio, come per Francesco d’Assisi, l’inizio della conversione viene da una sofferenza fisica che lo costringe a pensare, a riflettere su di sé, Charles, come più sovente gli uomini d’oggi, è portato dalla sofferenza morale, affettiva, a porsi l’interrogativo della fede; l’uno e l’altro si lasciano interrogare dall’esperienza altrui, Ignazio dai santi del passato, Charles dai credenti mussulmani e dalla cugina, ma poi fissano il loro sguardo solo su Gesù e la loro vita è tutta presa non tanto da un ideale per cui combattere, quanto conquistata da una persona, Gesù, per cui dare, consumare la vita giorno per giorno, dapprima forse solo in pura gratuità penitente per la vita passata, poi per compartecipazione alla sua missione.
Entrambi cercano guide spirituali e finiscono per lasciarsi guidare dal loro cuore purificato, perché i loro desideri sono commisurati al Regno di Dio per l’uno, al Cuore di Gesù per l’altro, sempre per il bene di quel prossimo per il quale Gesù ha dato la vita in obbedienza al Padre.
Né l’uno né l’altro teme austerità e, nel muoversi per il mondo, – e quanto! – ambedue trasformano le privazioni in situazione di incontro con Dio e, in circostanze favorevoli, con relazioni umane: nel loro cammino si umanizzano sempre di più, quasi andassero scoprendo la vera immagine dell’uomo che sta a cuore a Dio.
Tutti e due sono stati tentati di estremismi, inopportuni diremmo noi, ma che per loro sono stati noviziato e ridimensionamento delle proprie origini, un modo unico per sentirsi più vicino a Gesù povero e disprezzato.
La vita di entrambi ha conosciuto in seguito la luce 1 degli studi, il passaggio dallo sforzo per la propria santificazione al desiderio ardente di portare il Signore Gesù ai più lontani, il faticoso discernimento in ordine al ministero sacerdotale e, di ricerca in ricerca della volontà di Dio, Ignazio e Charles sono giunti fino ad utilizzare tutto, anche le proprie origini, – quel mondo lasciato con una rottura così radicale da far pensare che nulla vi fosse di buono o che in esso tutto fosse ostacolo alla sequela di Gesù,- per far conoscere e amare il Signore, perché, per un cuore purificato, tutto porta a Dio e alla Sua gloria; il tutto sempre e solo con un forte riferimento alla chiesa2 .
E vi è anche in comune il coltivare legami anche attraverso lettere molto significative, una corrispondenza instancabile e quasi inverosimile per i tempi e le circostanze di vita, sia dell’uno che dell’altro: con essa arrivavano a dilatare il loro amore e non solo a parole, perché tutto era intessuto di preghiera fervida, intercedente.
Questo confronto potrebbe continuare a lungo perché la pedagogia di Dio ha sempre certi tocchi, al di là della modalità concreta con cui avvengano, visto che si adatta alla diversa personalità di ciascuno dei suoi figli; potrebbe continuare fino alla morte nella solitudine, quasi che nessuno potesse essere testimone diretto del loro incontro con quel Dio tanto cercato, tanto amato, quasi che l’offerta della vita per coloro che amavano e volevano salvare – e non facevano eccezioni fino ai confini della terra!- dovesse avere il sigillo del sacrificio fino alla fine, proprio come “martirio”, questo più desiderato che temuto da tutti e due.
Personalmente però vorrei sottolineare due consonanze che la consuetudine con queste due figure mi ha fatto cogliere:
– Il loro rapporto con la Terra del Santo, con Gerusalemme: per entrambi, oltre che consolazione e illuminazione, da punto di approdo diviene punto di partenza.
– La centralità in entrambi delle pagine evangeliche dell’infanzia di Gesù e in particolare dell’episodio di Gesù al tempio. (Lc 2, 39-52)

Pellegrini a Gerusalemme

 

Vediamo che entrambi per anni portano nel cuore il progetto di vivere nella terra di Gesù per servirlo quasi più direttamente, per imitarlo meglio ed essere “con Lui”. Entrambi dalle circostanze capiranno che non è lì che devono vivere quanto vi hanno appreso, ma tra gli uomini e i loro bisogni. E lì hanno appreso in modo particolare che Gesù era stato povero, sconosciuto, disprezzato, perseguitato.
Negli scritti di Charles troviamo: 

“A parità di condizioni, aver più caro d’essere debole che forte,
disprezzato che tenuto in considerazione, respinto che ricercato,per essere più simile a Gesù.

A parità di condizioni, preferire l’abiezione all’onore, l’abbandono al fatto di essere attorniato, da persone, la penuria all’abbondanza,
per essere più simile a Gesù.

A parità di condizioni, preferire la solitudine alla compagnia, il silenzio alla parola, la vita nascosta alla vita pubblica, per essere più simile a Gesù.”

(Opere Spirituali-Paoline 74-p. 3343 ).

Ignazio scrive nel suo testo degli Esercizi spirituali:
“Considerare il discorso che Cristo Nostro Signore fa a tutti i suoi servi ed amici che invia a tale lavoro, raccomandando loro di aiutare tutti (ma nel colloquio, dopo, Ignazio fa chiedere queste cose per sé) col portarli prima, a una somma povertà spirituale e, se piacerà alla sua divina maestà e li vorrà scegliere, anche alla povertà materiale; in secondo luogo, a desideri di obbrobri di disprezzi perché da queste due cose nasce l’umiltà. In modo che siano tre i gradi: il primo, povertà contro ricchezza; il secondo, obbrobrio o disprezzo contro l’onore mondano; il terzo, umiltà contro superbia; e da questi tre gradi li spingano a tutte le altre virtù” (EE 146).

Aveva fatto Charles gli esercizi? Sì, li aveva fatti prima di diventare trappista e per intero, anche se le vite e le fonti a nostra disposizione vi accennano solo, per cui non si sa con quali risonanze, ma, anche se Charles scrive questo a Nazareth, dopo vari anni, come non sentire in quella richiesta di abiezione, di disprezzo l’eco della richiesta di obbrobri che Ignazio fa fare all’esercitante proprio per disporlo ad imitare meglio Gesù? Ed è chiaro che solo un certo tipo di esercitante arriva a fare questo con tutto il cuore…

Ma forse è meglio semplicemente cogliere che in entrambi tutto è solo in funzione dell’amore.
Scrive ancora Charles, questa volta a Béni-Abbès:
“Desiderare, amare, essere contento di soffrire a causa del freddo, del caldo, di tutto: per avere un sacrificio più grande da offrire a Dio, per essere più unito a Gesù, per essere più capace di glorificarLo … per ricevere sulla terra e in cielo maggior conoscenza e amore di Gesù …Più tutto ci manca, più siamo simili a Gesù crocifisso …” (Opere Spirituali, p.556)
E’ l’itinerario dei grandi innamorati, scoprire il segreto dell’Amato ed immergervisi! Per questo essi finiscono anche per somigliarsi tra di loro… Unico è il loro amore.
Ed infatti Ignazio fa eco:
“La terza umiltà (vale a dire il terzo grado d’amore) è perfettissima e si ha quando …desidero e scelgo, per imitare e rassomigliare più effettivamente a Cristo nostro Signore, la povertà con Cristo povero piuttosto che la ricchezza le ingiurie con Cristo che ne è ricolmo, piuttosto che gli onori e preferisco di essere stimato stupido e pazzo per Cristo che per primo fu ritenuto tale anziché saggio e prudente in questo mondo”.(EE 167).
Ignazio avrebbe voluto fermarsi in Terra Santa, ma non potè per i tempi duri e fece obbedienza, voleva tornarci con i compagni, ma non fu possibile partire e fece obbedienza, ma l’averla portata nel cuore per tanto tempo ci dice quanto significasse per lui, per così dire, “toccare” la vicinanza a Gesù, come di fatto gli accadrà là dove il Signore lo vuole4.
Charles ha potuto ritornarci e soggiornarci, ma proprio lì ha scoperto che il riempirsi della presenza di Gesù, il “bisogno imperioso di conformità” (è espressione di Charles stesso) a Lui porta non a restare là, ma ad avere a cuore la salvezza degli uomini e a partire verso gli ultimi: Nazareth non è più un luogo, è uno stile, è un atteggiamento interiore che si può vivere ovunque.
Ignazio aveva provato una particolare amorosa attenzione per il luogo della ascensione di Gesù, ove ritornò tutto solo per vedere le orme dei piedi del suo Signore5, un’attenzione particolare al Suo camminare, al senso della direzione; Charles ha prediletto il luogo del lavoro umile (umile soprattutto per il nobile Charles) di Gesù: attenzioni particolari di due innamorati che tutto vogliono capire del proprio Amato, ma subito aperti a condividere tutto: ai confini del mondo, Ignazio, ai confini della società, Charles.
Nel cuore della loro pietà, vissuta da entrambi con straordinario raccoglimento, troviamo anche differenze, ma sono legate ai tempi storici, come tante loro scelte concrete (vivono sul serio i loro tempi!): certo in Ignazio troviamo una viva devozione alla Trinità, in Charles domina il Sacro Cuore: non sono due volti dell’unico amore di Dio che si dona?
Sono due volti di quell’unico amore di Dio che si incarna in quel Gesù che in Terra Santa sono andati a conoscere, di quel Gesù che pure cominciò a penetrare la propria missione andando giovanetto pellegrino a Gerusalemme.
Forse fu proprio questa sete di imitazione che fece sì che i nostri, entrambi, capissero là, in Terra Santa, molto della loro vocazione.
Forse questo è il dono di Gerusalemme, città di Dio, a tutti i pellegrini veri , a quelli che vi si recano con la domanda: Cosa mi chiedi Signore Gesù? In che cosa posso obbedire al Padre? e attendono solo dal Signore il loro “nome”, la loro strada irripetibile e “una città dove abitare” (S1 107). In Gerusalemme si è consolati (Is 66, 13)6. Si è chiamati (SI 87,4). Si è inviati (Is 62). Si è radunati (Is 60,4s), nella Gerusalemme immagine del Regno di Dio che deve venire “la Nuova Gerusalemme … pronta come una sposa adorna per il suo Sposo” (Ap 21, 2).
Cogliere cosa è Gerusalemme per il credente non fa che esplicitare cosa fu per Charles e Ignazio il contatto con la Terra Santa, si per entrambi con Gerusalemme, perché la Nazareth di Charles è così legata alla vita intera di Gesù da fare tutt’uno col suo compimento a Gerusalemme: ambedue non vogliono che essere mendicanti, pellegrini, poveri, disprezzati come Gesù che sale a Gerusalemme, al Calvario per essere crocifisso.

Due cuori aperti

 

Per quanto riguarda il passo dell’evangelista Luca (2,40s), vorrei partire dal tema della sapienza, infatti, l’episodio è incorniciato dal “e Gesù cresceva in sapienza” (v. 40. 52), una sapienza che cresce nel quotidiano come la nostra, “Cresceva in sapienza e in età e in grazia…
Accada lo stesso in noi”, afferma Charles
(ivi, p. 334).
Gli aspetti fondamentali dell’Incarnazione sono infatti due: non solo Dio si è fatto uomo come noi “abbassandosi”, ma vive (e poi muore) come uno di noi, assume totalmente la nostra vita, pur portando in sé un mistero che va oltre, come l’episodio del tempio mette in luce, mistero che però, certo in misura diversa, è vivo anche dentro di noi, figli nel Figlio, figli che come il Figlio in questo episodio, imparano nel cammino della vita a dire a Dio “Padre”.
Sia Ignazio che Charles sono stati attratti da questa pagina di Luca. In essa si muove qualcosa di nuovo, una specie di sapienza segreta (quella nascosta nei secoli in Dio!) che permette di “essere, muoversi tra le cose del Padre”, di penetrare nel suo disegno salvifico per ciascuno e per tutti gli uomini, di maturare la coscienza e il mistero di essere “figli”.
Per Charles il testo di Luca diviene punto di riferimento per la vita nascosta: il suo problema fin dall’inizio è “come” seguirlo in una vita tutta donata che sia il più possibile vicina alla Sua. Charles non si pone il problema di vocazioni diverse, sempre e solo si occupa di stile di vita anche quando parlerà di laici, di sposati e lo farà senza successo così la sua vita resterà sostanzialmente nazaretana, ma pur sempre, come lui diceva, “un riflesso di Gesù, un profumo di Gesù. qualcosa che Gesù, che faccia vedere Gesù…” (ivi, p. 397).
Per Ignazio questo sarà il testo chiave della struttura degli Esercizi, testo fondamentale per scegliere, già sulla via del bene, a quale fra due tipi sequela di Gesù si è chiamati, per poi lasciarsi illuminare dal concreto per il da fare, “Dopo aver considerato l’esempio che Cristo Nostro Signore ci ha dato per il primo stato di vita, consistente nell’osservanza dei comandamenti, quando egli obbedì ai genitori, e per il secondo stato di vita riguardante la perfezione evangelica, quando restò nel tempio e lasciò il padre adottivo e la madre naturale per dedicarsi al servizio completo del suo eterno Padre, cominceremo a riflettere e a domandarci, mentre continuiamo a contemplare la sua vita, in quale condizione di vita la sua divina maestà vorrà servirsi di noi” (n. 135)7.
Certo Charles resta un testimone, Ignazio alla testimonianza aggiunge una buona dose di capacità educativa: sa che l’uomo ha bisogno di immagini concrete per poter scegliere e, secondo me, non volendo allontanarsi dalla vita di Gesù, trova in essa, in questo episodio che ci riporta Luca, il modo di presentare l’alternativa.
Potremmo essere tentati di vedere in uno l’impotenza di Dio, nell’altro la potenza magistrale di Dio in ordine alla salvezza; in uno il nascondimento, il silenzio, nell’altro la parola e le piazze del mondo, ma non sarebbe tener in conto veramente di tutti i particolari della loro vita, non sarebbe soprattutto vedere dentro il loro cuore (non conta tanto cosa si dice o si fa, ma quello che si è), dentro il loro cuore così compenetrato in entrambi con il desiderio di Dio di farsi piccolo, per lasciarsi incontrare da ogni uomo, ma anche di far udire la propria voce in ogni angolo della terra.
Ma nella lettura del brano ancora qualcosa accomuna Ignazio e Charles ed è farne un riferimento vitale per incarnare quell’amore per Gesù che si è scoperto. Amare è per entrambi “vivere per” e si traduce in una concretezza sbalorditiva, nulla resta fuori, nulla e nessuno.
Per l’uno e per l’altro non si può essere cristiani a metà!

Ignazio e Charles sono due figure che, nel loro radicalismo, possono incutere timore, ma quanto più forte è la carica di attrazione al servizio del Signore ovunque, comunque, sempre!

“Eccoti, o Signore, la mia libertà…
donami solo il tuo amore e sarò ricco abbastanza” (Ignazio).

“Padre, nelle tue mani mi abbandono… è per me un’esigenza d’amore…”

(Charles).

Giuliana Babini da Jesus Caritas 46/1992

1 Va forse sottolineato che proprio commentando Lc 2, 49, in un ritiro a Nazareth, Charles afferma che il testo insegna due cose, il lasciare tutto e il “tenere in gran conto la scienza sacra, ricercarla, interrogare i dottori, istruirsi quando si è giovani … un valore incomparabile che ci avvicina grandemente a Dio, ci aiuta molto ad amarlo, servirlo” (cfr. Scritti spirituali, All’ultimo posto, Città Nuova 1974, p. 30).

2 Quello di Ignazio è risaputo, ma anche Charles, per es. scrive “Non predicare il Vangelo, non evangelizzare senza aver ricevuto missione dalla Chiesa … (cfr Scritti spirituali, “La vita nascosta”, p. 66).

3cfr Scritti spirituali, ivi, p. 60: Charles riflettendo sulla vita nascosta di Gesù, afferma “farmi per abiezione (concet-to che lui ripete moltissimo) l’ultimo degli uomini… più scenderò, più sarò con Gesù”.

4cfr la visione de La Storta sulla strada di Roma. Poi Ignazio dirà la prima messa nella cappella del presepe a S. Maria Maggiore, quasi che Roma fosse ormai per lui la Terra Santa.

5cfr Ignazio, Autobiografia, n. 47.

6E’ ciò che prova Ignazio (cfr Autobiografia, n. 45); è ciò che prova Charles (cfr Six, “Itinerario Spirituale di Ch. d. F.” p. 70s).

7Non si devono qui contrapporre le due letture del testo, quasi che per Ignazio la vita religiosa sia quella nel tempio e per Charles quella di Nazareth: Charles cerca uno stile che Ignazio condivideva (cfr povertà, umiltà, obbrobri), ma qui Ignazio fa della vita di Gesù un uso, per così dire, pedagogico; Charles stesso poi diviene sacerdote… per en-trambi, essere col Padre è sempre essere con, per i fratelli.