LA PRESENTAZIONE AL TEMPIO

 

Con questo episodio Luca continua il suo impegno a collocare la vicenda terrena del Signore Gesù in un contesto ben preciso, quello del popolo ebraico sotto il dominio di Roma, di un popolo divenuto politicamente irrilevante, ma ancora libero di osservare le proprie tradizioni cultuali.
 
E noi spesso afferriamo dell’episodio solo questa obbedienza, senza renderci conto che Luca, con molta libertà, per una precisa intenzione teologica, e non per ignoranza, mette insieme prescrizioni diverse: solo per la madre si tratta di “purificazione”, per il figlio si tratta del “riscatto” del primogenito.
All’inizio poi Luca usa “secondo la legge di Mosè”, ma poi ricorre alla più densa espressione “Legge del Signore”, quasi ad indicare che tali osservanze stanno acquisendo un senso nuovo: ciò che riguarda la madre e ciò che riguarda il figlio non sono più distinti.
 
Per il primogenito si pagava semplicemente un tributo di cinque sicli come riscatto (cf. Es 13,11-l6), in quanto i leviti erano come i sostituti dei primogeniti al servizio del tempio del Signore, e invece qui Gesù è portato al tempio.
 
Per la donna che aveva partorito c’era la purificazione (Lv 12,1-8): dando alla luce un figlio, la donna entrava in stretto contatto col mistero della vita e della morte, di per sé appartenente al Signore, e contraeva impurità legale (essa non ha niente a che vedere col peccato, anzi è un “eccesso” di sacro); per rientrare nella misura creaturale essa doveva recarsi al tempio e offrire sacrifici : un olocausto per dire che tutto è di Dio e un sacrificio di espiazione per dire la sua povertà di creatura; se povera poteva far questo servendosi di due piccioni o tortore.
 
Se guardiamo al testo di Luca, si coglie che non si distinguono le cose, ma anzi l’idea principale è quella di un presentarsi al Signore in piena disponibilità, una offerta diremmo noi, che accomuna madre e figlio, perché di fatto Luca sa bene che né Maria aveva bisogno di purificazione né Gesù di riscatto: in loro già tutto era opera santificante dello Spirito e piena consegna al Padre.
 
Questo stretto legame tra madre e figlio è da Luca ribadito nella profezia di Simeone, perché se si rimettono le parole al posto che hanno nel testo greco, e anche latino, si vede che ciò che è detto alla madre non è separato da quanto annunciato riguardo al figlio.  “Simeone li benedisse e disse a Maria, sua madre: Ecco questi è posto per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e in segno di contraddizione e di te poi stessa l’anima trapasserà una spada, cosi che siano rivelati da molti cuori i pensieri” (Lc 2,33-35).
 
La divisione, che separa in Israele chi accoglie e chi rifiuta Gesù, passa dentro e trafigge la vita dell’ebrea Maria con una doppia pena, e per il figlio non riconosciuto e consegnato al potere e per coloro che non ne accolgono la salvezza.
 
Non solo la testimonianza di Gesù, ma il dolore di Maria schiude i cuori e fa apparire i pensieri cattivi che abitano alcuni, ma anche l’attesa del redentore che riempie il cuore di altri, come mostrano Simeone ed Anna che, pur così avanti negli anni, sanno aprirsi al futuro che un bimbo fa intravedere e ne riconoscono con consolazione la missione.
 
Non possiamo non notare che nel racconto Simeone benedice il padre e la madre, ma poi rivolge la parola solo a Maria: lei sola, infatti, avrebbe accompagnato l’itinerario del figlio fino alla fine; lei sola ne avrebbe condiviso fino in fondo la missione, fino ad accogliere, ai piedi della croce, in Giovanni, ogni uomo come figlio (cf. Gv 19,26).
 
Questo sembra a noi mettere in secondo piano la figura di Giuseppe, ma nei piani del Signore ciò che è secondo, ciò che è piccolo, ciò che è poco visibile, non è meno rilevante, ma qui si apre un lungo discorso sulla santità che non possiamo sviluppare: ogni nato da donna è chiamato alla santità!
La presentazione al tempio porta Giuseppe, Maria e Gesù nella casa del Padre, indicando a noi che è questo andare al Padre, in modi diversi, ognuno con la sua chiamata, la via della santità.
 
Giuliana Babini  (2006 Icona parola preghiera)